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Quando, pochi giorni fa, Kyiv ha lanciato la sua offensiva in territorio russo, nella comunità strategica internazionale si sono da subito sollevati timori sulle possibili conseguenze di questa azione. Per la prima volta, l’Ucraina ha portato sul suolo russo la guerra ad alta intensità: non più incursioni di piccoli reparti specializzati o attacchi con droni, ma vere e proprie manovre meccanizzate. Ci si aspettava che la reazione del Cremlino sarebbe stata durissima, e che quest’incursione avrebbe portato ad un’accelerazione del processo di escalation. Eppure, la situazione sembra essere diversa. La reazione di Mosca non solo non è stata sproporzionata (al netto di azioni dallo scopo prettamente propagandistico, come l’impiego di armi termobariche), ma al momento si è rivelata anche non sufficiente a fermare l’avanzata delle truppe di Kyiv, figurarsi a ricacciarle indietro.

Inoltre vi sono numerosi indizi sul fatto che l’offensiva ucraina, anziché alimentare l’escalation, possa favorire il processo negoziale. Intervenendo su Foreign Policy, l’analista dello Swedish Institute of International Affairs Andreas Umland ne sottolinea alcune: “L’operazione dimostra la capacità dell’Ucraina di cogliere di sorpresa e di sfruttare sfondamenti improvvisi, cosa che la Russia non è mai riuscita a fare dall’inizio della sua invasione. È anche la prima volta che la Russia viene invasa da truppe straniere sin dalla Seconda Guerra Mondiale, mostrando ai russi senza mezzi termini che la sanguinosa guerra che hanno scatenato contro il loro vicino è tornata a casa”, scrive Umland, che nota anche come, nonostante quest’operazione rappresenti il superamento di una linea rossa, il Cremlino non abbia de facto concretizzato alcuna delle minacce paventate in passato riguardo all’eventuale superamento di una delle suddette linee rosse. A ulteriore detrimento della credibilità della leadership russa.

L’azione offensiva delle truppe ucraine potrebbe anche essere interpretata come un segnale di un avvicinamento verso i negoziati che già lo stesso leader ucraino Volodymyr Zelensky aveva evocato poche settimane fa: controllare porzioni di territorio russo fornisce a Kyiv un margine d’azione più ampio nel processo negoziale, e non è da escludere che l’approccio ucraino possa seguire lo schema del “territorio occupato per territorio occupato”. E mentre la situazione complessiva per l’Ucraina si fa più difficile sia sul fronte interno, con la stanchezza della popolazione nei confronti della guerra che si fa sempre più forte, che su quello esterno, con un possibile arrivo al potere negli Stati Uniti di Donald Trump e del suo approccio meno supportive nei confronti di Kyiv, sembra logico pensare che Kyiv voglia cercare una soluzione diplomatica. E di farlo da una posizione di forza.

Ma per permettere che questo accada, è necessario che il fronte dei Paesi che hanno sostenuto l’Ucraina durante i trenta mesi passati continui a mostrare la stessa compattezza, sia nel garantire supporto militare a Kyiv e alle sue forze armate per il momento che, in seguito, nel garantire il rispetto degli eventuali accordi raggiunti in sede negoziale. Se i policy-makers occidentali decideranno di seguire questo approccio, l’invasione ucraina del territorio russo potrebbe rivelarsi un passaggio fondamentale per arrivare alla cessazione delle ostilità.

L'incursione di Kyiv in Russia può favorire i negoziati. Ecco perché

Il lancio dell’operazione offensiva oltreconfine da parte degli ucraini potrebbe rappresentare il punto di passaggio verso una soluzione negoziale. E i fattori a sostegno di questa tesi sono molteplici

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