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Dopo il clamoroso e plateale fallimento del cosiddetto “Terzo polo” e, di conseguenza, dei due partiti personali che lo hanno cavalcato e monopolizzato – e cioè Italia Via di Matteo Renzi e Azione di Carlo Calenda – è subentrata la singolare, anche se legittima, tesi politica che da adesso in poi il Centro e la “politica di centro” possono far parte indifferentemente sia nella coalizione guidata da Elly Schlein e sia in quella espressa ed interpretata dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Ora, al netto della legittimità di tutte le opinioni in campo, è di tutta evidenza che la tradizione, il pensiero, la cultura e anche la prassi e il metodo riconducibili al Centro non possono avere lo stesso ruolo e, soprattutto, la medesima incisività politica, culturale e programmatica a prescindere dai vari schieramenti in campo. E questo per la semplice ragione che le coalizioni sono fatte da partiti e movimenti – o da ciò che resta di loro – che hanno, comunque sia, una cultura politica, una sensibilità ideale e valori di riferimento sufficientemente definiti. Detto in altre parole, rappresentano un blocco sociale, politico e culturale che non possono e non devono essere sottovalutati o sottaciuti.

E, per entrare ancor più nello specifico, quale ruolo può avere la cultura politica centrista in una coalizione egemonizzata da forze politiche e movimenti che sono sideralmente lontani da tutto ciò che anche solo vagamente è riconducibile alla prassi e alla storia centrista del nostro Paese? E, del resto, dov’è la convergenza politica, ideale, culturale e programmatica tra la sinistra radicale e massimalista della Schlein, la sinistra e demagogica dei 5 Stelle e la sinistra fondamentalista ed estremista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis con la tradizione e la storia del Centro nel nostro Paese?

Oggettivamente non c’è nulla in comune ed è anche intellettualmente onesto sottolinearlo e ribadirlo. Certo, rimangono i cocci del cosiddetto “Terzo polo” di Renzi e di Calenda. Ma, come ovvio e come quasi tutti sanno, si tratta di piccoli cartelli elettorali personali che possono ambire al cosiddetto “diritto di tribuna” all’interno di una coalizione che ha un’altra ragione sociale, un’altra piattaforma programmatica e, soprattutto, un’altra prospettiva politica rispetto a tutto ciò che storicamente ha rappresentato il Centro nella storia democratica del nostro Paese. E, non a caso, e al di là delle varie pregiudiziali personali, è appena sufficiente leggere i resoconti quotidiani dei vari organi di informazione – anche di quelli appartenenti all’area della sinistra – per rendersi conto che i partiti personali che ambiscono a rappresentare il Centro sono, quando tutto va bene, tollerati e comunque mal sopportati.

Tutt’altro discorso per quanto riguarda lo schieramento alternativo. Al di là dell’impianto sovranista e vagamente populista della Lega salviniana, è di tutta evidenza che la presenza nella coalizione di un partito spiccatamente e visibilmente centrista come Forza Italia rappresenta un oggettivo valore aggiunto per chi, oggi, vuole tradurre concretamente quel patrimonio, quei valori, quella prassi e quel progetto nella cittadella politica contemporanea. E questo al di là e al di fuori di qualsiasi polemica politica e, men che meno, di natura personale.

Ecco perché non è corretto, né onesto, sostenere che il Centro può andare ovunque. Certo, lo può indubbiamente fare. Ma declinarlo in uno schieramento affine ed omogeneo è cosa ben diversa da essere ospitato e anche mal sopportato all’interno di una alleanza politicamente e culturalmente estranea.

Il Centro non è una variabile indipendente. Il commento di Merlo

Non è corretto, né onesto, sostenere che il Centro può andare ovunque. Certo, lo può indubbiamente fare. Ma declinarlo in uno schieramento affine ed omogeneo è cosa ben diversa da essere ospitato e anche mal sopportato all’interno di una alleanza politicamente e culturalmente estranea. Ecco perché secondo Giorgio Merlo

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