Fa bene Sandro Gozi a temere che il neo leader del Pd, Guglielmo Epifani non sara’ un semplice ‘traghettatore’ fino al Congresso dell’autunno. Si attrezzi allora Gozzi e la banda prodiana, perche’ al Congresso dell’autunno dovra’ vedersela con un ‘uomo di cultura’ prestato prima al sindacato, alla Cgil, culla del Riformismo laico, e poi alla politica. E lo stesso e’ bene che facciano quanti al solo nominare la parola ‘socialismo’ soffrono di capogiri seguiti da smarrimenti tali da perdere l’orientamento spaziale ed intellettuale! L’elezione di Epifani alla segreteria del Pd e’, in parole povere, la ‘riuscita’ di un ‘uomo di cultura’, riformista e socialista – ai tempi vicino ad Antonio Giolitti – a tutto tondo. Aver scalato da neolauretao in Filosofia, con una tesi su Anna Kuliscioff, i gradini dell’attivita’ sindacale – dalla casa editrice Esi al centro studi, dalla categoria dei poligrafici alla segreteria confederale – e dopo aver fatto il vice di Bruno Trentin il vertice della Cgil ed esserci rimasto per due mandati, dice del profilo umano, culturale, morale ed intellettuale di un dirigente che sa coltivare la dialettica e il confronto con il passo del mezzofondista. E che, anche nei momenti piu’ difficili e complicati, sa trovare il ‘punto di caduta’, come si usa dire in gergo sindacale, ossia la mediazione possibile. La sua pacatezza, i suoi modi garbati e signorili, non debbono trarre in inganno: e’ un fine e raffinato ‘decisionista’ che non ama far saltare il tavolo per produrre rotture roboanti, alla Fausto Bertinotti per interndersi, ed irreversibili. Uno stile, certamente personale, che risente anche di una formazione di livello: la scuola di pensiero della Cgil dove si sono incontrati, hanno convissuto e si sono avvicendati dirigenti come Giuseppe Di Vittorio e Fernando Santi, Vittorio Foa e Bruno Trentin, Luciano Lama e Ottaviano Del Turco ed in tempi piu’ recenti Sergio Cofferati e Fausto Vigevani. Ma anche intellettuali del calibro di Giuliano Amato, Giorgio Ruffolo, Paolo Sylos Labini e Luigi Spaventa. Epifani ha rivendicato sempre per se stima ed amicizia, entrambe ricambiate, nei confronti di un ‘giellista’ ante-litteram, Vittorio Foa, con cui scrisse, nel 2006, ‘Cento anni dopo – Il sindacato dopo il sindacato’ sulla ‘dignita’ del lavoro’, quale base della nostra societa’, comunita’. Insomma, come il successore da lui designata, l’attuale leader della Cgil Susanna Camusso, Epifani appartiene alla schiera di coloro che non sono stati folgorati dalla stagione, tuttora controversa, di Bettino Craxi: lui piu’ giolittiano, lombardiana la Camusso. Rispetto a quei socialisti che convinti dell’assioma: la colpa della fine ingloriosa di Craxi e’ del vecchio Pci e non dei tanti dirigenti che a vari livelli fecero del Psi il crocevia delle tangenti e della corruzione con tanto di adesione a Logge massoniche e lobby finanziarie internazionali, sono trasmigrati sotto le ali protettive di Silvio Berlusconi. Insomma, con Epifani siamo in presenza di un socialista riformista doc che puo’ essere, ‘il traghettatore’ del Pd verso il Pse, il socialismo europeo, portando cosi’ a termine l’opera avviata da Pier Luigi Bersani: al Pd non basta piu’ stare e far parte del Gruppo S&D del Parlamento europeo in vista delle elezioni europee del 2014. Perche’ – ed e’ del tutto chiaro ed evidente – la sfida culturale e politica aperta in Europa e’ tra il consolidamento della ‘dittatura finanziaria’ delle forze conservatrici neoliberiste, dove sta collocato il Ppe, e l’alternativa delle ‘societa’ progressiste’ prefigurata dal Pse. Non solo, ma con Epifani si potrebbero gettare le basi per un’Epinay italiana, ossia la costituzione di un grande partito socialista italiano per il socialismo europeo e gli Stati Uniti d’Europa in alternativa alla sgangherata fragile Unione europea diretta dal ‘pilota automatico’ di Francoforte: ed e’ questa la sola cosa giusta da fare, e’ cio’ che pretende il ‘popolo-lavoratore’.
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