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Papa Francesco, gesuita consapevole

 
Papa Francesco ha ricevuto in udienza la comunità degli scrittori de “La Civiltà Cattolica” e l’ha fatto da vero gesuita. L’uomo è il suo stile: un gesuita rimane sempre un gesuita. L’effetto singolare e specifico del carisma di sant’Ignazio di Loyola si è percepito e ciò ha ricondotto ogni momento ad una cattolicità che definirei generativa.

Il legame tra il Papa e la Compagnia di Gesù è espresso con vigore intellettuale e creatività da questa rivista, si tratta di “un tratto essenziale” della “vostra rivista”: a questo livello si inseriscono gli spunti di Papa Francesco. La singolarità di un gesuita che diventa Papa e che, come ogni gesuita, ha nel suo dna il quarto voto speciale, di obbedienza appunto al Papa, cioè – oggi – a se stesso, non può sfuggire agli osservatori attenti. Il Papa affronta l’inedita posizione con un tratto generativo.

“Oggi vorrei suggerirvi tre parole che possono aiutarvi nel vostro impegno”: dialogo, discernimento, frontiera. Il dialogo è la cifra spirituale e insieme intellettuale di quel raffinato umanesimo, descritto in un articolo di Patrick Goujon, sj, recentemente pubblicato dalla rivista dei gesuiti: I tratti dell’umanesimo gesuitico. Non costruire muri, ma ponti, con spirito di ortodossia, senza l’ elmetto in testa.

“Dialogare significa essere convinti che l’altro abbia qualcosa di buono da dire”: e’ l’eco di un pensiero radicato nello spirito ignaziano. Hans Urs von Balthasar scrisse, nel 1952, un libro importante, dal titolo programmatico: “Abbattere i bastioni”. Il dialogo è quella parola di verità che passa attraverso le differenze, senza l’arrogante pretesa di ricondurre tutto ad un unico centro, fisso e onnicomprensivo.

E’ uno stile, prima ancora che una posizione intellettuale. Dunque, uno sguardo. La fede è un cammino dello sguardo. Nell’ editoriale del primo fascicolo del 1850 della rivista, c’è già tutto: «Una Civiltà cattolica non sarebbe cattolica,cioè universale, se non potesse comporsi con qualunque forma di cosa pubblica». E il “comporsi con” che definisce il dialogo: abbassare le difese e aprire le porte.

La direzione di padre Antonio Spadaro riflette questo stile attraverso la pista della “cyberteologia”. Ma, per dissodare la dura terra dell’umano, occorre il discernimento – la seconda parola -, cioè il “cercate e trovate Dio in tutte le cose” di sant’Ignazio di Loyola. E’ la tensione a cercare “il seme già piantato della Sua presenza negli avvenimenti, nelle sensibilità, nei desideri, nelle tensioni profonde dei cuori e dei contesti sociali, culturali e spirituali”.

Cuore e mondo: l’io e la realtà. Il modello è Matteo Ricci: la cattolicità baldanzosa e insieme umile e discreta. La “frontiera” – terza parola – non è una maniacale pretesa di attraversare il mondo, lancia in resta. “Per favore, siate uomini di frontiera, con quella capacità che viene da Dio”. La continuità Ratzinger-Bergoglio su questa figura culturale e missionaria è totale. La Catholica è così: discontinua nella continuità.
Raffaele Iannuzzi

 

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