Senza scomodare le allegre comari di Windsor, Emanuele Macaluso e Rino Formica disquisiscono, sulla rinnovata Unita’, della ‘via italiana al socialismo’ che, di ritorno dalle calde stanze del Cremlino, Palmiro Togliatti, inauguro’ appena sbarcato il 27 marzo 1944 a Salerno. Era quella la direttiva che aveva ricevuto la notte del 4 marzo da Stalin in persona che cancellava la richiesta di abdicazione del Re e la formula di un ‘governo alternativo antimonarchico’ tra tutti i partiti antifascisti. Togliatti stesso modifico’ il testo ‘Sui compiti all’ordine del giorno dei comunisti italiani’ in senso opposto alla versione originale e inseri’ la partecipazione al ‘governissimo’ del Maresciallo fascista Pietro Badoglio. Di li’ la pioggia cadente ed ininterrotta di scelte sciagurate – dalla Repubblica parlamentare opera del ‘tripartito’, Pci, Dc e Psi; all’art.7 della Costituzione che recepiva i famigerati Patti Lateranensi del 1929 tra Chiesa e Regime; per finire al decreto di amnistia del 1946 dei reati comuni e politici, commessi da gerarchi e collaborazionisti del Regime – che hanno, da una parte, impedito la ‘Rivoluzione liberale’ dello Stato nel passaggio dal Ventennio alla Repubblica e, dall’altra, ingessato la neonata Repubblica per piu’ di trent’anni attorno alla Democrazia cristiana grazie al rigido sistema che escludeva a priori l’alternanza al governo tra forze politiche diverse, come avvenuto nel resto dell’Europa. In questo duetto, le allegre comari pur facendo ricompare la parola socialismo abolita dal lessico culturale e politico, non hanno il coraggio di riconoscere che Togliatti, il fedelissimo a Stalin e al suo regime criminale, quella dizione ‘la via italiana al socialismo’ la rubo’ dai ‘Quaderni del carcere’ di Antonio Gramsci che ebbe sempre sullo stomaco lo stalinismo, rifacendosi cosi’ una verginita’ politica. Entrambi evitano accuratamente il gran dibattito che ci fu alla Costituente dove si scontrarono due linee. Quella maggioritaria del tripartito – Pci, Dc, Psi – che invento’ la Repubblica parlamentare, saltando l’epurazione del personale che ad ogni livello ed in ogni organismo aveva servito il Regime e recependo in nome della ‘pacificazione religiosa’, con i voti di Pci, Dc e destre, i famigerati Patti Lateranensi del ’29 tra Chiesa e Regime. E quella minoritaria del Partito d’Azione, di Riccardo Lombardi, Piero Calamandrei, Emilio Lussu, Vittorio Foa ed altri che esigeva un radicale cambiamento istituzionale, la Repubblica presidenziale e civile, la separazione tra Stato e Chiesa e l’epurazione dallo Stato e suoi organismi di quanti avevano servito a vario titolo il Regime fascista. Vinse la linea del tripartito e per lo ‘stalinista’ Togliatti certamente fu un successo, ma sulle spoglie e pelle di Gramsci che aveva ben altro in testa quando propose la Costituente antifascista oppure l’egemonia culturale, i consigli dei delegati, fino alla laicita’ dello Stato che sarebbe capitolato per effetto del Concordato. Ma di tutto questo nel duetto tra le allegre comari non v’e’ traccia: entrambi restano avvinghiati ai loro falsi miti da imporre ancor oggi. Macaluso il ‘lucido e cinico’ Togliatti con il consociativismo che Enrico Berlinguer poi chiamo’ ‘compromesso storico’ e Formica il ‘nevrotico ed ingenuo’ Nenni del Fronte Popolare del ’48 dietro il Premio Stalin e del centro-sinistra che poi con Bettino Craxi divento’ ‘pentapartito’ di ferro e Caf. Le allegre comari oscurano deliberatamente che nella sinistra hanno militato anche ‘uomini di cultura’ che hanno saputo far propria la lezione di Gramsci per cui il Partito, come il Sindacato, non deve curare i personali interessi dei dirigenti, ma quelli piu’ ampi della collettivita’ e di tutti i lavoratori iscritti e non iscritti, secondo valori universali ed inoppugnabili: liberta’, uguaglianza e giustizia sociale. E che il fascismo non e’ solo violenza, e’ pure violenza, manganello o olio di ricino, ma e’ soprattutto prepotenza ed arroganza nella gestione, nel mantenimento del Potere, anche quello del Partito, sulle persone in carne ed ossa che sono esseri umani portatori certamente di bisogni materiali – un lavoro ed un salario equo per sopravvivere – ma soprattutto immateriali – cultura, istruzione, ricerca – fino ad acquisire il principio fondamentale che un operaio ha il diritto a saper suonare il violino o ad apprezzare Picasso. Per la nuova Unita’ che vuole ripartire da Gramsci il duetto tra le allegre comari, che non trova Falfstaff ad abboccare, puo’ esser letto come un passaggio apprezzabile, come il preludio ad approfondimenti del pensiero di Gramsci e della parola socialismo che il quotidiano ha per lungo tempo soppresso ed ibernato.
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