Due passaggi, in particolare, meritano di essere rilevati, entrambi contenuti nel capitolo secondo, nel quale il Pontefice analizza i motivi della crisi moderna dell’impegno comunitario (nn. 52-109).
In tale contesto, nella sua diagnosi “anti-plutocratica”, Bergoglio individua un male sociale di fondo la cui estirpazione è necessaria per tentare di risollevare la società mondiale dalla «crisi finanziaria che attraversiamo». Alla sua origine, infatti, denuncia il Papa, «vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano! Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano. La crisi mondiale che investe la finanza e l’economia manifesta i propri squilibri e, soprattutto, la grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’essere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il consumo» (n. 55).
Questa degenerazione dell’economia, scrive a chiare lettere il Papa, è dovuta all’abbandono dell’etica: «La si considera controproducente, troppo umana, perché relativizza il denaro e il potere. La si avverte come una minaccia, poiché condanna la manipolazione e la degradazione della persona. In definitiva, l’etica rimanda a un Dio che attende una risposta impegnativa, che si pone al di fuori delle categorie del mercato» (n. 57).
Sarebbe ora, per credenti e non credenti, di ascoltare queste voci, perché un motivo ci dovrà pur essere se da più di un lustro ormai l’intero settore finanziario è sotto shock e non accenna a riprendersi. «I guru della grande finanza – ha scritto sul nuovo numero della rivista “Intervento nella Società” (4-ottobre/dicembre 2013), Riccardo Pedrizzi – hanno creato un sistema dove cntano soltanto le performance dei profitti, dove bisogna raggiungere i rislutati ad ogni costo e costi quel che costi, dove i mercati danno giudizi inappellabili sul brevissimo tempo, giorno per giorno, se non ad “horas” ed a frazione di minuto, dove per raggiungere gli obiettivi assegnati non si esita a fare truffe planetarie ed a distruggere i risparmi di una vita di lavoro dei piccoli risparmiatori e persino le pensioni di anziani ed invalidi; chi ha creato questo mostro, che si chiama “mondo della finanza”, alla distanza non regge e la fa finita, suicidandosi, uccidendosi» (R. Pedrizzi, Il demone del denaro, p. 4).
Sulla scia del Santo Padre, sono molti gli osservatori che, dentro e fuori la Chiesa, stanno affrontando con la medesima chiave di lettura la drammatica situazione dell’uomo di oggi, che è in preda alla bramosia del consumo, dell’arrivismo e dello Status symbol. Tutti pseudo-valori, questi, per i quali l’uomo sradicato dell’Occidente rinnegatore delle sue radici cristiane pare disposto a tutto, persino a prostituirsi intellettualmente oltre che materialmente. Contro questi signori e, soprattutto, contro le “strutture di peccato” che hanno originato negli ultimi settant’anni, con il grandissimo Bergoglio dell’Evangelii Gaudium, proclamiamo a gran voce: «Il denaro deve servire e non governare!» (n. 58).