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Ecco i rischi per Draghi e Renzi che possono arrivare dalla Corte di Giustizia Ue

La scorsa settimana la Corte Costituzionale tedesca ha concesso il definitivo via libera al meccanismo salva Stati, il cosiddetto “ESM”.

ESM

L’ESM è un’entità di diritto internazionale creata dagli Stati Membri dell’Unione Europea per garantire stabilità finanziaria agli Stati in caso di difficoltà di questi ultimi sui mercati finanziari. Questo veicolo è solo una tessera nel puzzle di misure approntate a livello europeo per contrastare la crisi ingeneratasi nel mercato dei titoli di Stato di alcuni Paesi europei.

OMT

A cotè del Fondo Salva Stati, dal settembre 2012 la Banca Centrale Europea ha introdotto un programma di assistenza per Stati in ambascia nel piazzamento di propri titoli sul mercato. Tale ultimo programma risponde al nome di OMT (Outright Monetary Transactions), e consente alla Banca centrale di acquistare titoli di Stato di Paesi in difficoltà, per quantità potenzialmente illimitate e dietro condizionalità per lo Stato assistito, onde abbassare la febbre sui mercati finanziari. Gli OMT costituiscono la declinazione pratica della promessa di Draghi di salvare la stabilità dell’euro “whatever it takes”.

GERMANIA IN BILICO

Più del fondo Salva Stati, sono stati proprio gli OMT a tenere i mercati finanziari in una condizione di calma relativa negli ultimi anni. Ma mentre sul primo la Corte Costituzionale tedesca pare aver definitivamente sotterrato l’ascia di guerra, il destino del programma OMT è ancora incerto e sub iudice, quello comunitario, nel caso di specie. Ed è stata proprio la massima corte tedesca a spedircelo, con un rinvio pregiudiziale che dovrebbe chiarirne la (in)compatibilità con i Trattati istitutivi dell’Unione Europea e lo Statuto della stessa BCE. Questa volta però l’esito dell’analisi dei giudici del Lussemburgo è, a parer mio, meno scontato di quel che la tradizione filo-comunitaria della Corte di Giustizia lascerebbe intendere. E laddove fosse negativo, rischierebbe seriamente di abbattere l’elefante italiano nel mezzo della cristalleria europea, con effetti sistemici imponderabili.

IL RUOLO DELLA BCE

Ai sensi dei Trattati, la BCE è l’istituzione che sovrintende alla politica monetaria nell’euroarea, per la quale l’Unione ha competenza esclusiva, cioè non condivisa con gli Stati Membri. I Trattati demandano alla BCE la tenuta della stabilità dei prezzi, e le fanno divieto di finanziare il debito degli Stati Membri (articolo 123 del TFUE).

LE BARUFFE INTERPRETATIVE

Intorno all’interpretazione di questa norma verte la principale delle questioni interpretative sollevate dalla Corte costituzionale tedesca, e ad essa la Corte di Giustizia Europea dovrà rispondere in maniera convincente e coerente con la sua recente giurisprudenza. Ed è qui che la pratica potrebbe complicarsi per i giudici del Lussemburgo. Infatti, chiamata ad interpretare la compatibilità dell’ESM con i Trattati europei, nel 2012 la Corte di Giustizia Europea decretò (sentenza Pringle) che il fondo salva Stati non infrangeva la competenza esclusiva dell’Unione Europea in materia di politica monetaria, in quanto «il MES [ESM, nda] non ha l’obiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi, bensì è diretto a soddisfare le esigenze di finanziamento dei membri del MES, vale a dire gli Stati membri la cui moneta è l’euro, che già si trovino o rischino di trovarsi in gravi problemi finanziari, se indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e quella dei suoi Stati». La CGE distingueva, dunque, tra “garantire la stabilità dei prezzi”, che rientra nel mandato esclusivo della BCE, e garantire la stabilità complessiva dell’euroarea, che è invece parte della politica economica coordinata tra gli Stati Membri e l’Unione. A contrario, se ne ricavano due corollari. Il primo postula che tutto ciò che dovesse rientrare nella politica monetaria (“mantenere la stabilità dei prezzi”), dovrebbe rispettare la competenza esclusiva dell’UE e della BCE nello specifico. Il secondo è che la BCE, intraprendendo un programma di stabilizzazione dell’euroarea come gli OMT, rischia di sconfinare nel campo aperto della politica economica dell’UE e degli Stati Membri, eccedendo la competenza attribuitale dai Trattati.

IL RUOLO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA

Per salvare l’ESM dalla censura di incompatibilità coi Trattati, la Corte di Giustizia si spinse addirittura più oltre, legandosi inconsapevolmente le mani nel giudizio pendente sugli OMT. Scrivevano i giudici, infatti, che «l’articolo 123 TFUE [che sancisce il divieto per la BCE di aprire linee di credito agli Stati Membri] è specificamente rivolto alla BCE ed alle banche centrali degli Stati membri», mentre per contro «La concessione di un’assistenza finanziaria da parte di uno Stato membro o di un insieme di Stati membri ad un altro Stato membro non rientra (…) in detto divieto».

Servirà uno sforzo creativo notevole – ma la creatività non difetta ai sommi interpreti del diritto europeo del Lussemburgo – per evitare che gli OMT finiscano nel doppio vicolo cieco risultante dalla sentenza Pringle. Da un lato, infatti, è inverosimile che gli OMT possano essere ricondotti alla politica monetaria dell’Unione, per evidenti ragioni di carattere fattuale relative al loro scopo e al loro funzionamento. E se questo fosse, potrebbero eccedere il mandato della BCE. Dall’altro, laddove la Corte riuscisse a qualificarli come operazione di politica monetaria, dovrebbe giustificare come e perchè essi non eludono il divieto espresso dall’articolo 123 del TFUE, come richiamato dalla medesima Corte nel giudizio Pringle.

LA TERZA VIA

Ma c’è una terza via, procedurale, che la Corte potrebbe percorrere per evitare di pronunciarsi nel merito e rischiare di compromettere la stabilità della periferia euro. Negare l’ammissibilità della questione, giudicandola ipotetica, perchè il programma non è stato ancora azionato oppure perchè la decisione che lo ha istituito non ha valore legale.

In caso contrario, e di eventuale pronuncia negativa, i titoli italiani salirebbero di nuovo sulle montagne russe. Come in molti sapevano, Draghi ha fatto il massimo – e il suo meglio –  per comprare tempo. Ma il rischio di un redde rationem final con il moloch del nostro debito pubblico è sempre in agguato, e pende come un macigno sul futuro del Paese.

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