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Se gli americani non fanno gli americani

Chi ha vissuto la guerra fredda, nella contrapposizione tra la libertà dell’occidente e il comunismo, oggi percepisce tangibilmente la fragilità degli equilibri internazionali.

La vecchia diplomazia americana basata sulle ‘’zone di influenza’’, valutava continuamente l’evoluzione politica internazionale e spesso cercava appunto di ‘’influenzarne’’ il decorso. Per carità, non parlo di svolte repressive, ma della capacità di cogliere i cambiamenti in una dimensione vasta, concreta.

Oggi abbiamo molte declamazioni, azioni non si sa quanto meditate e improvvise conversioni di fronte a troppe evoluzioni impreviste. Gli organismi multilaterali, dall’ONU all’Unione Europea, accumulano dimostrazioni di impotenza e inefficacia e gli USA non più grande gendarme della pace, ma gendarme dei diritti civili, faticano a mantenere la coerenza tra aspirazioni e realtà.

Il veloce riconoscimento del Kossovo non aveva previsto l’islamizzazione significativamente rappresentata dal comparire dei burqha o il finanziamento di irredentisti siriani non prevedeva il sopravvento tra loro dei qaedisti o come non capire che in Egitto i fratelli musulmani nonostante i finanziamenti americani stessero progressivamente schiacciando ogni alternativa.

E come sperare dopo l’aggressiva scelta dello scudo missilistico che la Russia accettasse che un gasdotto importante e le basi militari in Crimea fossero controllati da un governo ostile che ha cacciato il fidato Yanukovich?

Non è necessario citare Sun Tzu per capire che il presunto avversario deve essere spinto alla posizione a noi più favorevole e non costretto ad una alternativa impossibile tra un’umiliante accettazione e una violenta e potenzialmente esplosiva reazione.

Il Dipartimento di Stato pensa in questo modo di dimostrare la propria democratica superiorità, di cui nessuno dubita, accettando però il rischio di un’escalation pericolosa. E ciò mentre aumenta l’aggressività cinese come unica grande vera minaccia alla stabilità dell’occidente.

La comunità internazionale e la debole Europa non hanno certo bisogno di crisi avventurose bensì, e temo a lungo, dell’autorevole, puntuale e competente presenza del Dipartimento di Stato.

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