Persino il patron di Repubblica, Eugenio Scalfari, che di certo non fa parte delle ali estreme da tagliare, come pretendeva il prof. salva Italia, Mario Monti, di cui Scalfari fu un estimatore assai accorto, riconosce che con l’articolo 18, i padroni delle bianche brache da quando Giacomo Brodolini [ministro del lavoro socialista] intervenne quelle brache non le hanno più potute mettere. Ma adesso se vogliono potranno rifarlo dopo l’abolizione dell’articolo 18.
Sarebbero serviti a dovere quei trasformisti che pur si son fatti belli della nobile storia dello Statuto dei lavoratori – iniziata nel ’52 da Peppino Di Vittorio quando la Costituzione non era entrata in fabbrica; proseguita nel ’62 da Riccardo Lombardi quando se non daremo salario, daremo un bene più prezioso, la libertà sindacale; ideata nel biennio ’68-69 da Gino Giugni su incarico di Brodolini e portata a compimento, nonostante l’astensione del Pci, da Carlo Danat Cattin nel ’70 – se Scalfari non ricorresse al titolo scippato al giellista e laico Carlo Levi, Gesù Cristo non si è fermato a Eboli ma davanti all’art.18, in omaggio al Papa, e al diktat di Mario Draghi: più che licenziare il problema è creare posti di lavoro e aumentare la produttività del sistema.
Ieri, per Scalfari, il riformista salva Italia era Monti che avviò la demolizione dello Statuto dei lavoratori sulla scia del nemico Silvio Berlusconi, espulso da Palazzo Chigi, e del trasformista Maurizio Sacconi, e miseramente naufragato nella salita in politica con Scelta Civica, oggi il referente è Draghi, l’autore nel 2011 con Jean-Claude Trichet della lettera-decalogo Bce che preparò la fossa di Berlusconi, perchè, argomenta il patron di Repubblica, se ne intende più dei politici.
Ora accade per una strana congiunzione astrale che sul Premier Matteo Renzi in procinto di cancellare l’art.18 dello Statuto, come arguisce Scalfari, in quanto ostacolo all’occupazione, piovano i consensi di Berlusconi, Sacconi, Monti, di Trichet e dello stesso Draghi: vale a dire, i potenti di ieri e di oggi, tutti più o meno gesuiti, ai quali si accodano i trasformisti di ieri e di oggi, altrettanto gesuiti, coloro che tolgono senso alla vita delle persone e, con un’alzata di spalle, cancellano la storia che non è un’astrazione più o meno divina, ma l’evoluzione del pensiero sulla vita delle persone.
E’ bene, ribadire che l’art.18, tutt’altro che tabù o feticcio simbolico, è una norma di civiltà che prevede:
Vale la pena ricordare cosa scriveva l’apprezzato quotidiano francese Le Monde in quel frangente del novembre 2011 quando Monti fu catapultato a Palazzo Chigi e Draghi arrivò alla presidenza della Bce, mentre George Papandreu veniva sostituito alla guida della Grecia da Lucas Papademos: Qu’ont en commun Draghi, Monti [et Lucas Papadémos]? Le nouveau président de la Banque centrale européenne, le président désigné du conseil italien et le nouveau premier ministre grec appartiennent à des degrés divers au gouvernement Sachs européen. La banque d’affaires américaine a en effet tissé en Europe un réseau d’influence unique sédimenté depuis des lustres grâce à un maillage serré, souterrain comme public.
La risposta al gouvernement Sachs di ieri e di oggi, e ai trasformisti vecchi e nuovi, non può che essere quella di stare, coraggiosamente, al fianco, il 25 ottobre, della leader della Cgil,