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Jovanotti incanta San Siro: emozione e adrenalina pura. Ecco perché…

Luci, colori, video divertenti… Da questi primissimi indizi il racconto che segue potrebbe essere quello di uno spettacolo qualsiasi. Ma se aggiungiamo, San Siro, fulmine e Jovanotti improvvisamente “tutto si fa chiaro”. Il “Lorenzo negli stadi 2015” sbarca a Milano per una tre giorni (l’ultima stasera) spaziale. Nel vero senso della parola. Infatti, Cherubini ha scelto di ambientare il tour nel 2184 quasi come se volesse dare un velo di immortalità alla sua musica. Non è un atto di presunzione, le canzoni di Jovanotti sono state la colonna sonora dell’adolescenza di chi varca oggi i cancelli dello stadio tenendo per mano i propri figli, hanno accompagnato il passaggio, dalla giovinezza all’età adulta, di chi ha conquistato uno stuolo di donnine con la sua “Serenata rap”, sono l’evasione delle moderne sedicenni.

E se pure nessun ricordo lega la propria esistenza a Lorenzo Jovanotti, il concerto è godibilissimo, curato più (originalità e montaggio video eccellenti) o meno (da alcune parti dello stadio l’audio non è pulitissimo) in tutti i suoi dettagli. Riempie gli occhi, riempie il cuore. Di fronte a 60 mila spettatori, Jovanotti sale sul palco a forma di fulmine colorato e intona “Penso Positivo” ed è subito adrenalina pura. La positività è il leit motiv dell’intero concerto, Lorenzo canta l’amore, le stagioni della vita, la quotidianità, a tratti la società e lo fa sempre inneggiando all’ottimismo, che di questi tempi dirada sempre più la sua presenza nelle nostre esistenze.

Si va avanti “Tutto acceso”, “Sabato” e “Il più grande spettacolo dopo il big bang”, “Bella”, “Fango”, “L’ombellico del mondo”, solo per dirne qualcuna, facendo lo slalom tra vecchie e nuove hit e cambiando outfit di continuo. Jova sfoggia giacche leopardate o ricche di paillettes e lustrini, capellini coloratissimi, occhiali da sole da tredicenne, “ho salutato la gioventù per tornare bambino” ha detto il cantante che all’anagrafe (e a quanto pare solo lì) ha 48 anni. Balla, corre, si diverte così come fa il suo pubblico che non perde il fiato mai. Eccezion fatta per “Le tasche piene di sassi”: per quei tre minuti si annienta il respiro, Lorenzo canta al centro del palco, si emoziona, si ferma, un fragoroso applauso lo incinta ad andare avanti e sull’ultima nota del brano un urlo liberatorio sprigiona un’energia pazzesca che invade la mente e l’anima di San Siro.

Si torna a ballare e a scatenarsi con “Tutto l’amore che ho”, “E’ la notte dei desideri”, “Tensione evolutiva”. Qualche lacrime scende su “A te”, una delle più belle dichiarazioni d’amore mai ascoltate. Si scivola veloci verso la conclusione con “Ti porto via con me”. Ed è davvero così, lo show dello scapestrato “Ragazzo fortunato” resta sulla pelle a lungo. E a proposito di show, Lorenzo potrebbe pensare a un impegno sul piccolo schermo, forse non da solo, forse con qualche duetto (in scaletta non ce n’è neanche uno), forse con un progetto ad hoc, non così allo sbaraglio come è successo in precedenza. Perché no, magari con l’amico Fiorello che di sfuggita appare e scompare alle sue spalle, a un certo punto del concerto. La versione “umana” sarebbe meglio di quella “digitale”. Uno spettacolo così, di questa portata emozionale, merita di essere per tutti…

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