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Come cambia il giornalismo

Il giornalista che punta a fare un’informazione di qualità deve mettere al centro del suo lavoro i diritti del destinatario, dei suoi resoconti giornalistici, e quelli dei protagonisti delle notizie. Solo dando priorità a questi principi, il cronista può essere corretto e rispettoso dei principi deontologici che governano l’esercizio del diritto di cronaca.

Ultimamente si ha la percezione di una sostanziale irrilevanza di questi principi, quasi che il giornalismo possa farne a meno. C’è la corsa a chi urla di più, a chi sposta più in alto l’asticella del voyeurismo e della maldicenza legittimando condotte davvero sgradevoli e non professionali. Stiamo assistendo a un imbarbarimento progressivo di certa informazione, che dà per scontati i fatti e si concentra sulle interpretazioni capziose, faziose e degradanti.

La Rete in questo ci ha messo del suo, contribuendo ad amplificare violazioni deontologiche e soprusi. Il giornalista ha il dovere di recuperare credibilità su questo fronte, anteponendo la verità dei fatti e dimostrando di voler tenere alta la bandiera dei principi deontologici, principale baluardo contro la deriva anarchica dell’informazione.

Ovviamente, come già accennato, molto è cambiato con l’informazione online. Ma c’è anche un’altra questione che va considerata. La figura del giornalista intesa in senso classico, sta svanendo. La Rete ha diluito i contenuti giornalistici in un contenitore potenzialmente infinito, nel quale confluisce ogni tipo di informazione, anche non vagliata, spesso prodotta da avventurieri, parvenu, dilettanti. L’utente è chiamato a esercitare una costante vigilanza e un sano discernimento per evitare di assorbire informazioni inattendibili e fuorvianti. Lo scadimento è inevitabile quando i filtri nella pubblicazione delle notizie si indeboliscono e in Rete finisce di tutto.

Anche nei media tradizionali si assiste a una contaminazione di generi. Talk show condotti da non giornalisti utilizzano tuttavia strumenti tipicamente (ma non esclusivamente) giornalistici, come l’intervista, e confondono i telespettatori, che non colgono la distinzione tra chi gestisce uno studio televisivo applicando i principi deontologici e chi è svincolato da essi, non essendo iscritto all’Ordine professionale.

Non bisogna tuttavia fare l’errore di considerare i non giornalisti esonerati dal rispetto delle norme deontologiche, che riguardano l’esercizio della professione giornalistica nel suo complesso, a prescindere da chi la porti avanti. L’Ordine può giudicare e sanzionare solo i suoi iscritti, e questo è pacifico, ma se i non giornalisti svolgono a tutti gli effetti mansioni assimilabili a quelle tipicamente giornalistiche sono chiamati a rispettare le regole dell’informazione e possono essere puniti dalle Autorità Garanti, così come in sanzioni pecuniarie e di altra natura possono incorrere anche gli editori e i broadcaster, responsabili delle loro programmazioni e dei loro palinsesti.

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