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Mps, ecco chi, come e perché ha silurato Massimo Tononi dalla presidenza del Monte

Dopo la recente uscita dell’amministratore delegato, Fabrizio Viola, appena sostituito da Marco Morelli, ecco che se ne registra subito un’altra, questa volta sì davvero inattesa: quella del presidente Massimo Tononi. E in anche in questo caso c’è lo zampino del Tesoro, ovvero del governo, come è accaduto per il siluramento di Viola.

L’ANNUNCIO

Ad annunciarlo è stata la banca senese in una nota giunta il 14 settembre in serata: “Massimo Tononi ha rassegnato oggi le dimissioni da presidente e membro del consiglio di amministrazione di Banca Monte dei Paschi di Siena spa a far data dalla conclusione dell’assemblea (prevista tra ottobre e novembre, ndr) per l’approvazione delle attività propedeutiche all’implementazione dell’operazione presentata  lo scorso 29 luglio al mercato. Tale decisione è maturata, dopo aver coordinato il processo di nomina del nuovo amministratore delegato, a fronte del completamento della fase preliminare dell’operazione di rilancio della banca che, con l’assemblea di prossima convocazione, prenderà definitivo avvio”.

LE MOTIVAZIONI UFFICIALI

Un annuncio inatteso. Ma cos’è accaduto? Secondo Fabrizio Massaro del Corriere della sera, “l’uscita di scena del presidente era nell’aria, dopo che Tononi ad agosto si era speso pubblicamente a sostegno di Viola, quando erano cominciati i rumors su un suo prossimo addio. E ha deciso di lasciare in quanto la cabina di regia su Mps non sarebbe più a Siena ma piuttosto a Roma”. Eppure, tale sostegno di Tononi a Viola era parso più d’obbligo e di facciata che altro. Non a caso, in un articolo del 31 agosto, Formiche.net aveva raccontato come la poltrona dell’ormai ex ad fosse in bilico (e in effetti di lì a poco è uscito) anche perché il presidente Tononi sembrava avere sostenuto il piano di salvataggio di Mps firmato da Corrado Passera e concorrente rispetto a quello di Jp Morgan e Mediobanca poi scelto dal consiglio di amministrazione ancora guidato da Viola. Non solo: Tononi era stato incaricato di gestire il processo di selezione del successore di Viola. Un compito particolarmente delicato e che suonerebbe quasi come inopportuno se effettivamente Tononi fosse stato così legato all’ex ad.

IL RETROSCENA POLITICO

E’ quindi probabile che dietro all’uscita di Tononi ci sia dell’altro. In un tweet diffuso già nella serata del 14 settembre, Paolo Madron, direttore di Lettera43, scrive: “Padoan spietato accusa Tononi di aver spifferato alla stampa della sua telefonata per cacciare Viola e lo dimissiona”. Per capire il riferimento bisogna fare un passo indietro e andare a sabato 10 settembre. Quel giorno, mentre sul Messaggero appare una intervista al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che minimizza sulle dimissioni di Viola, il Sole 24 ore racconta invece di una telefonata (riferita anche dal Fatto Quotidiano) giunta il mercoledì precedente proprio dall’inquilino di via XX Settembre per sollecitare l’ormai ex ad di Mps a fare un passo indietro: il Tesoro ha il 4% dell’istituto senese.

LA TELEFONATA

La tesi di Madron è condivisa da Giorgio Meletti del Fatto Quotidiano, che arricchisce l’indiscrezione di dettagli e retroscena: “Per capire il ciclone che sta travolgendo il Monte dei Paschi di Siena bisogna ripartire da mercoledì 7 settembre. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan telefona al presidente di Mps Massimo Tononi e gli spiega che Jp Morgan e Mediobanca, le due banche incaricate di curare l’aumento di capitale da 5 miliardi necessario a salvare la banca senese, hanno fatto presente al governo italiano che il mercato non sembra ben disposto e che un effetto positivo sulla predisposizione a investire 5 miliardi su una banca che vale in Borsa meno di 700 milioni potrebbe averlo un cambio al vertice”. Se quindi la telefonata è stata tra Padoan e Tononi e il ministro del Tesoro non ha parlato con la stampa, è possibile che lo abbia fatto il presidente della banca (anche se potrebbe a sua volta averlo confidato a qualcuno che lo ha riferito ai giornalisti). “La rottura tra Padoan e Tononi – scrive sempre Meletti – a questo punto era inevitabile. Il presidente della banca si è trovato costretto ad andare a Francoforte per chiedere alla Banca centrale europea un parere informale sul nome di Morelli, non deciso dagli amministratori della banca, ma imposto con una telefonata dal governo. Però ciò che Padoan non aveva previsto è che la notizia della sua telefonata a Tononi venisse immediatamente divulgata dal Fatto. Certe cose, nella politica e nella finanza, si fanno ma non si dicono”. Secondo il Fatto Quotidiano, dietro Padoan c’è la mano del premier Matteo Renzi: “Invece – prosegue Meletti – la telefonata di Padoan, una volta conosciuta, ha reso pubbliche tre cose assai imbarazzanti. La prima: Renzi, dopo essersi vantato di aver cacciato la politica dalle banche, su richiesta della Jp Morgan – con cui ha da anni rapporti assai amichevoli – ordina a Padoan di far licenziare Viola. La seconda: Padoan, che pure ha cercato per mesi di resistere alle pressioni di palazzo Chigi sul tema Mps, non trova soluzione migliore che obbedire a Renzi. La terza: Padoan, di fronte alle sensate obiezioni di Tononi, non trova soluzione migliore che chiamarsi fuori dalla vicenda e ammonire il presidente di Mps che gli sta parlando come ambasciatore di decisioni non sue, di fatto disconoscendole”. Insomma, nel bel mezzo dell’avvio del piano di salvataggio della banca, che prevede la cessione di un maxi pacchetto di sofferenze e un aumento di capitale da massimi 5 miliardi, ai piani alti della banca non non sembrano regnare la pace né la tranquillità. Mentre si staglia sempre più sul futuro del Monte il ruolo e il peso di Jp Morgan con gli ex del Tesoro, Vittorio Grilli e Antonino Turicchi in primo piano (qui l’articolo di Formiche.net sul ruolo di Grilli nel siluramento di Viola).

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