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Che cosa succede tra Papa Francesco e gli ortodossi

Papa Francesco

Parla a nuora (gli ortodossi georgiani) perché suocera (il Patriarcato ortodosso di Mosca) intenda. Obiettivo: arrivare sulla Piazza Rossa, un giorno. L’ideologia gender, associata al mondo gay? È: “più pericolosa delle dittature”, lancia l’allarme contro: “Una guerra mondiale per distruggere il matrimonio che non si distrugge con le armi, ma si distrugge con le idee. Ci sono colonizzazioni ideologiche che distruggono” (una linea che peraltro ha tenuto per tutto il pontificato, esternando su questo tema più volte) dice a Tblisi e poi, finalmente in volo la sera di domenica 2 ottobre verso l’Italia, interpellato ancora una volta sul mondo omosessuale in relazione a queste parole chiarisce: “Nella mia vita di sacerdote, di vescovo e di Papa io ho accompagnato persone con tendenze e anche pratiche omosessuali. Li ho avvicinati al Signore e mai li ho abbandonati”. E ancora: “Le persone si devono accompagnare, come faceva Gesù. Quando una persona che ha questa condizione arriverà davanti a Gesù, lui sicuramente non dirà: vattene via perché sei omosessuale”. Poi rivela di aver incontrato una coppia di trans, ma invita a non fare titoloni sulla sua apertura verso di loro (non si preoccupi, Santità). Ma non era stato proprio Jorge Mario Bergoglio a denunciare l’esistenza di una lobby gay in Vaticano? E non è tuttora in vigore una norma del 2005 che impedisce agli omosessuali l’accesso al seminario e quindi al sacerdozio?

Ma torniamo agli ortodossi. Il viaggio di Francesco tra Georgia e Azerbaigian (30 settembre-2 ottobre) ha visto uno sgarbo da parte della Chiesa ortodossa georgiana. I religiosi non hanno partecipato alla Messa celebrata dal Papa il 1° ottobre a Tblisi presso lo stadio Meskhi perché il loro canone non glielo permette; ma è anche vero che il 28 settembre il Patriarcato locale ha inviato una comunicazione nella quale scoraggiava la comunità ortodossa a prendere parte agli eventi del Papa. Un atteggiamento di chiusura che è stato giustificato come frutto di uno scontro interno agli ortodossi georgiani, convinti del fatto che il Papa sia andato in Georgia a fare proselitismo, cioè a scippargli fedeli.

Ma la situazione, naturalmente, è un po’ più complessa. Francesco approccia questa parte apparentemente periferica del mondo ortodosso (ma in realtà cerniera anche con parte del mondo musulmano) anche per giocarsi forse la partita più difficile del suo pontificato: quella dei lasciti diplomatici. Bergoglio, insieme al Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, sta lavorando su tre dossier: Cina (anche domenica sera se n’è parlato in aereo e Francesco ha rivelato di aver ricevuto un regalo dal presidente cinese Xi Jinping), Sudest asiatico e naturalmente Russia. Se Bergoglio giungesse sulla Piazza Rossa, finirebbe per coronare un sogno a lungo accarezzato da Giovanni Paolo II. Ma per farlo deve venire incontro alle accuse di Mosca: la prima è, appunto, quella di proselitismo.

Gli ortodossi sospettano che i cattolici in Russia, sia pure una minoranza molto esigua, collaborino con loro per “rubare” la maggior quantità di fedeli. È un’accusa reiterata più volte nel tempo: chiedere per esempio a monsignor Antonio Mennini, l’ex confessore di Aldo Moro, che attorno al 2002 si è trovato Nunzio (e cioè ambasciatore) papale in Russia, ma aveva saputo instaurare ottimi rapporti col Patriarcato. Non è tutto: Bergoglio corteggia gli ortodossi difendendo famiglia e matrimonio, su posizioni molto simili a quelle ortodosse a giudicare dalle parole pronunciate nel corso del viaggio, e simili nel tono alla Dichiarazione congiunta firmata con il Patriarca di tutte le Russie Kirill a Cuba nel febbraio di quest’anno.

Una curiosità: nel viaggio non si è detta una parola sui cattolici georgiani di rito bizantino che a oggi non hanno neanche una gerarchia e sono spariti dall’Annuario Pontificio. Sono una comunità figlia di una separazione avvenuta a fine ‘800: siccome gli Zar avevano proibito ai loro sudditi cattolici di rito latino l’uso del rito bizantino e la Santa Sede non ne ha promosso l’uso tra i georgiani, ecco perché non ha neanche una gerarchia. Sono circa 7.000 e nel 1937 il loro ultimo esarca (l’equivalente di un vescovo) è stato giustiziato dai sovietici.

(Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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