L’economia e la geopolitica del Mediterraneo sono stati, per decenni, uno dei poli di attenzione sia della politica estera sia della politica economica internazionale dell’Italia. Oggi sembrano esserlo di meno e nel dibattito politico e nell’attenzione della stampa e dell’opinione pubblica. C’è grande attenzione e grande risalto mediatico – è vero – sul fenomeno dell’immigrazione, ma riguarda principalmente le implicazioni all’interno del nostro Paese, nonché sulla politica europea.
Viene a portare questo squilibrio un documento che verrà presentato il primo febbraio nella sala convegni del polo umanistico dell’Università di Napoli, ed è in uscita per le edizioni de Il Mulino: il Rapporto sulle Economie del Mediterraneo-Edizione 2017 dell’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo del Cnr (Issn-Cnr), un centro di analisi e ricerche che merita maggiore notorietà di quella che ha e che oltre ad essere un punto di riferimento per ricercatori dovrebbe diventarlo per giornalisti, anche a ragione della vasta documentazione di cui dispone.
Da oltre un decennio il Rapporto sulle economie del Mediterraneo, redatto a cadenza annuale, offre un’analisi politico-economica aggiornata sullo stato della regione. Alcuni dei temi chiave dell’edizione 2017, curata da Eugenia Ferragina, sono le modificazioni del mercato del lavoro, anche alla luce della perdurante crisi economica e delle profonde trasformazioni demografiche degli ultimi decenni; l’alto tasso di disoccupazione giovanile – in particolar modo femminile – non solo nelle fasce di popolazione scarsamente scolarizzate, ma anche fra i laureati; il fenomeno della fuga di cervelli, che genera emigrazione nei Paesi dell’Europa meridionale, a loro volta caratterizzati da un forte flusso migratorio in entrata. Il rapporto è curato da sedici specialisti, docenti universitari e dirigenti di ricerca nei vari campi di analisi.
Tra le conclusioni del lavoro due risultano particolarmente importanti per il dibattito politico in corso nella campagna elettorale in Italia e che permeerà probabilmente anche la prossima legislatura: a) il migration compact proposto dall’Italia in seno all’Ue e il cui percorso non sembra facile a ragione dell’opposizione dei Paesi settentrionali dell’Unione; b) le opportunità di sviluppo rappresentate dalla green economy a patto che si riescano a promuovere, e realizzare, politiche integrate d’investimento in innovazione e formazione delle risorse umane.
Più importanti di queste conclusioni sono i dati e le analisi dei singoli capitoli del volume, che lo rendono una fonte preziosa per tutti coloro che si interessano all’economia e alla politica della regione. Un libro da consigliare.