I conservatori – conclude un recente approfondimento de Linkiesta – sono in uno stato di “abbandono”. Non solo perché piovono calcinacci nelle aule come è successo a Cesena e a Catania ma perché, nonostante i 77 istituti (tra scuole di musica e conservatori parificati all’università), gli 8mila docenti e i circa 50mila studenti all’anno, la musica è la minore delle preoccupazioni dei governi, passati e presenti.
L’ultimo provvedimento importante risale al 1999, legge 508 quando sono state date le linee-guida per la riforma dell’istruzione musicale. In conformità con i trattati europei, il diploma di Conservatorio è stato equiparato a un percorso accademico, con laurea triennale e specialistica. Ma ci si è fermati lì, o quasi. Dei nove decreti attuativi previsti sono stati emanati solo due. Il primo nel 2003, per regolare l’autonomia statutaria, che è diversa sia da quella scolastica sia da quella accademica. Il secondo, nel 2005 che, regolamenta la didattica e ha permesso di fare i corsi per il triennio. L’ipotesi di creare un dottorato, al momento, l’hanno bloccata. Oggi, paradossalmente, e, se Riccardo Muti volesse insegnare in un conservatorio italiano (accontentandosi di uno stipendio di 1.500 euro netti al mese) potrebbe vedersi superato da altri candidati, magari persone con famiglia e figli, e per questo avvantaggiati.
Comunque, l’ultimo concorso per selezionare i docenti è avvenuto nel 1990 (26 anni fa). Ora (dal 2013) per diventare insegnanti occorre passare per due graduatorie, una riservata ai docenti di ruolo e un’altra per incarichi annuali. A queste si aggiunge una babele di graduatorie interne, relative ai bandi di ogni istituto: qui vengono valutati criteri oggettivi (gli anni di servizio) insieme ad altri, più fumosi, come i “meriti artistici”, decisi da una commissione insindacabile, musicisti dal curriculum internazionale vengano superati da altri candidati con una carriera più modesta. I ricorsi non sono ammessi, e nemmeno il Tar li considera.
Hanno la struttura di romanzi comici che hanno luogo in un’improbabile Repubblica Sudeta dove (in S.PA.S.M.O) il
Insomma, due godibilissimi libri, che dovrebbero essere lettura obbligatoria dei futuri ministri (in)competenti.