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Il governo e la manovra. Perché Tria è un prigioniero politico

E così l’ennesima telenovela della trattativa con Bruxelles sulla manovra finanziaria nostrana fa cadere il ministro Tria dal pulpito. Sarà infatti il premier, Giuseppe Conte, e non il ministro dell’Economia, a portare avanti il dialogo con l’Europa sulle insperate modifiche da apportare alla legge di bilancio, soprattutto sulle grandezze del quadro di finanza pubblica. Questo è il diktat deciso dai due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini che hanno così messo nell’angolo il titolare di Via XX settembre.

L’impeachment operato dai due, chiusi a Roma a Palazzo Chigi, è scattato quando dall’Argentina Giovanni Tria ha rilasciato ai giornalisti una saggia dichiarazione sull’Italia che stava con la Commissione Ue su una riduzione del deficit/Pil tra l’1,9% e il 2%,”. Battito di tacchi tanghero a Buenos Aires per il G20 del ministro che ha continuato: “Sì, le cifre sono queste, ma molto possiamo fare in base alle misure che adotteremo e come le adotteremo”. L’economista conosciuto come saggio e di buonsenso sin dal suo insediamento al ministero, ha sempre sostenuto che gli obiettivi del programma gialloverde si sarebbero ottenuti “senza discontinuità con gli obiettivi di bilancio fissati dai governi precedenti. La discontinuità con il passato non sarà sul livello di deficit, ma nel mix di politiche che metteremo in atto”.

Tria ha sempre anche detto che “nessuno vuole lasciare l’euro”, cercando di smentire le voci che continuano a circolare sulle intenzioni del nuovo governo. Moderato e prudente, le sue dichiarazioni sono sembrate sempre calibrate per accontentare sia i suoi alleati di governo, che chiedono l’approvazione di misure incisive – e quindi costose – da presentare ai loro elettori, sia i mercati e gli osservatori internazionali, che temono che l’Italia non sia in grado di sostenere un significativo aumento di deficit, specialmente adesso che la crescita economica rallenta. Anzi non c’è.

Giovanni Tria mi appare come un prigioniero politico di questo governo e nonostante le smentite, fino ad ora né il leader della Lega e ministro dell’Interno Matteo Salvini, né il capo politico del Movimento 5 Stelle e ministro del Lavoro Luigi Di Maio hanno criticato apertamente il ministro Tria ma lo hanno spesso smentito nei fatti. A cominciare da Salvini che non ha condiviso l’audizione di Tria nelle commissioni parlamentari, in cui il ministro ha ripetuto ancora una volta la sua intenzione di mantenere l’equilibrio di bilancio intatto. Secondo Salvini, Tria si stava preparando a bocciare la riduzione delle tasse nella legge di stabilità che dovrà essere approvata , e che entrerà in vigore dal 2019. Per il leader della Lega è importante mostrare di aver realizzato una parte dei tagli alle tasse promessi in campagna elettorale, e ha fatto pressioni sul ministro affinché garantisse una forma di riduzione fiscale nella prossima manovra. E ancora Tria di ritorno dal primo incontro a Bruxelles è subito stato imbavagliato sulla possibilità di interventi sul 2,4% del pil ed emarginato dai due vicepremier.

Il problema è che la legge di bilancio viola in maniera plateale numerose regole del bilancio Ue e il governo con questo caparbio e arrogante atteggiamento di voler mantenere ai fini elettorali le promesse a queste condizioni irrealizzabili, non ha fatto quasi nessun tentativo di trovare una mediazione ragionevole. La Commissione Europea, che è incaricata di farle rispettare, ha argomentato contestazioni , la più grave delle quali è che non porterà a una riduzione dell’enorme debito pubblico italiano, ma anzi, con ogni probabilità lo farà aumentare. Per questa ragione, la Commissione ha minacciato di aprire nei confronti dell’Italia una “procedura per debito eccessivo” che nel peggiore dei casi potrebbe concludersi con una serie di sanzioni economiche nei confronti del nostro paese.

La Commissione ritiene il deficit previsto dalla legge, non solo troppo alto, ma anche le previsioni macroeconomiche contenute nei documenti governativi, troppo ottimiste. E le anticipazioni di possibili finti aggiustamenti ovviamente non convincono a tutt’oggi la Commissione la quale giustamente rimarca il deficit italiano che sarà il triplo di quanto era stato promesso dal governo precedente (e anche informalmente nelle prime riunioni a cui ha partecipato Tria), mentre la crescita economica, sostiene, raggiungerà l’1,5 per cento nel corso del 2019. Secondo la Commissione invece il deficit arriverà al 2,9 per cento, poco sotto il limite massimo del 3 per cento stabilito dai trattati europei, mentre la crescita non sarà superiore all’1,2 per cento. Questa è la verità nient’altro che la verità. Tutta la mia comprensione ma non la mia condivisione verso Giovanni Tria.

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