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Perché l’Italia non è più “naturaliter christiana”. L’analisi di Delle Foglie

Solo 10 anni fa nel mondo cattolico italiano era frequente utilizzare questa espressione: “L’Italia è naturaliter christiana”. Cioè si faceva appello a una sorta di Dna comune del popolo italiano, in grado di compensare e riequilibrare i processi di laicizzazione, globalizzazione e relativismo che stavano aggredendo e colonizzando il mondo moderno. Si intendeva così sottolineare una condivisione profonda dei valori cristiani che derivava dalla stessa comune condizione umana. Una sorta di riserva di senso religioso in grado di riaffiorare nei momenti critici della vita individuale e comunitaria.

Oggi nessun cattolico sano di mente si sognerebbe di evocare nel dibattito pubblico, come nei colloqui privati, “un’Italia naturaliter christiana”, salvo non voglia essere sommerso dallo sdegno intellettuale e dalla derisione. Di fronte poi alla richiesta di esibire prove inconfutabili, temiamo che non basterebbero né le moltissime firme dei contribuenti italiani per l’attribuzione dell’otto per mille alla Chiesa cattolica nelle dichiarazioni dei redditi, né l’adesione ancora alta all’ora di religione a scuola. E neppure le tante opere di carità, come l’accoglienza dei migranti nelle strutture cattoliche.

Per non dire che il cattolico medio (espressione orribile ma comprensibile) è oramai profondamente segnato dalla predicazione di papa Francesco che ha spinto tutti i cristiani a evitare il giudizio, quasi fosse una peste. Infatti i cattolici sono stati invitati a non giudicare mai più il prossimo, pena l’arruolamento nella schiera dei maldicenti. Nessuno ha infatti dimenticato la famosa risposta del papa, “chi sono io per giudicare?”, a chi gli chiedeva dei rapporti della Chiesa con le persone omosessuali. E’ realistico pensare che moltissimi credenti abbiano trovato, in quella risposta, il grimaldello per sciogliere tutti i nodi che la coscienza si trova dinanzi nella vita quotidiana.

Da qui la scelta ampiamente condivisa (non disponiamo di statistiche che dimostrino il contrario) di risolvere ogni dubbio nel foro interno della coscienza, senza più curarsi né della dimensione comunitaria, né di quella sociale. A tal riguardo ci sembra che non se la passi bene neppure il sacramento della Penitenza.

In poco più di dieci anni l’Italia ha profondamente cambiato il suo volto, definendosi sempre più come il Paese della laicità esibita, dei diritti individuali portati all’estremo confine della coscienza, del riduzionimo valoriale in ogni campo della vita pubblica e privata, della radicalizzazione delle paure, della privazione di senso, dell’affievolimento del sentimento di solidarietà, del silenzio degli intellettuali, della diserzione dalle responsabilità pubbliche. In quest’ultimo punto i cattolici, duole dirlo, eccellono per noncuranza e disinteresse. Cresce così una generazione di italiani tanto comprensivi verso se stessi quanto intolleranti verso tutto ciò che è diverso da se. Per colore, etnia, provenienza territoriale, cultura, educazione, censo, costumi e bisogni.

Tutto questo ovviamente dovrebbe fare a pugni con la coscienza credente, ma sembra che non importi più a nessuno. Neppure a chi ha nelle proprie mani il tesoro della Rivelazione cristiana e predica una misericordia che, per un perverso effetto inflazionistico, può apparire una merce scaduta. È il segno della crisi della più Grande Narrazione, il cristianesimo, che abbia fecondato di senso la storia dell’umanità. E per quanto riguarda noi italiani, sembriamo davvero pronti ad abbracciare definitivamente il dogma del vivere “etsi deus non daretur”, cioè come se Dio non esistesse. Basta affacciarsi a un funerale in Chiesa per rendersene conto…
Come ha evocato profeticamente Zigmunt Bauman, il teorico della società liquida, in questa lunga fase di transizione chiamata post modernità, tante piccole narrazioni avrebbero preso il posto della Grande Narrazione. Non facciamo nomi o esempi, ma basta ripercorrere la storia recente del nostro Paese per trovarne la riprova. È accaduto, giorno dopo giorno, e sotto i nostri occhi. E così noi italiani tutti, credenti e non credenti, ci siamo ritrovati ad essere solo un esercito di ex. Ex brava gente. Ex laici pensosi, critici e responsabili. Ex naturaliter cristiani. Tutti pronti, chi più chi meno, a “vivere senza Dio”.

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