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Le frustate all’unisono di Furlan (Cisl) e Boccia (Confindustria). Sulla crescita tutto sbagliato. Sin qui

“Il sindacato chiede esattamente quello che abbiamo detto al governo ormai passato, di mettere al centro gli investimenti su crescita, sviluppo e lavoro. Quello che è mancato completamente nell’ultima legge finanziaria. Ci vuole discontinuità sulla linea economica, ed è necessario mettere al centro crescita, sviluppo e lavoro”.

Tra le varie ipotesi che stanno circolando in queste ore di larghe coalizioni e di riedizioni di governo gialloverde, la segretaria della Cisl Annamaria Furlan, arrivata al Meeting di Rimini per rispondere alla domanda se “L’Europa salverà il lavoro?”, confida di avere un unico punto su cui si sente di riporre piena fiducia. Ovvero la sicurezza nel Presidente Mattarella. “Noi ci affidiamo all’unico porto sicuro che vediamo, e sono le mani del Presidente della Repubblica”, dice Furlan prima di entrare nel padiglione in cui discuterà di lavoro e di Europa. “Sono convinta che con la sua esperienza, professionalità e saggezza sarà in grado di portare fuori il Paese da questa crisi. Che sarà molto particolare, specialmente per i tanti lavoratori e lavoratrici coinvolti da crisi industriali e che non hanno trovato in questo ultimo anno alcuna soluzione al tavolo del Ministro dello Sviluppo economico”.

Per quanto riguarda la condizione del lavoro e dell’industria italiana, il quadro che delinea la segretaria della Cisl è a dir poco impietoso. “Alle vecchie crisi se ne sono aggiunte altre, tutte con una caratteristica: non c’è risposta. Addirittura se penso all’Ilva, una crisi che sembrava ormai risolta, con un percorso chiaro, è stata rimessa in discussione. Abbiamo aperta poi la questione del Mercatone Uno, della Whirpool, di Alitalia. Anche questa doveva essere velocemente risolta e abbiamo rinviato la sua soluzione di mese in mese e ormai settembre, questa data fatidica per tante crisi industriali, è alle porte”.

Ma la questione è di tipo sistemico, non sono cioè le singole situazioni a preoccupare la Cisl ma l’insieme del contesto nazionale, e delle numerose problematiche a cui bisogna che qualcuno dia una risposta forte e nel più breve tempo possibile. “Io credo che ci voglia molta serietà nel darsi un governo autorevole che abbia un programma vero, in discontinuità rispetto al passato. Non possiamo continuare ad essere il paese a crescita zero”, dice Furlan. “Abbiamo perduto tanti punti di Pil e di produzione industriale per una crisi economica che è stata devastante per il lavoro, sembrava che iniziassimo ad avere qualche segno positivo, e la politica economica dello scorso governo ha riportato il Paese a crescita zero. Questo non è accettabile: c’è bisogno di cambiamento, ma di cambiamento vero”.

Sviluppo, lavoro, tensione sociale. Per Furlan siamo quindi un paese tornato a crescita zero, e questa situazione non si risolve con i sussidi. Ma investendo sulla filiera della crescita: sbloccare le infrastrutture, investimenti pubblici e privati, su sviluppo, crescita, formazione, ricerca e innovazione. “Una grande differenza di linea economica rispetto al passato. Se la stagnazione è dietro l’angolo è evidente che il paese si è fermato. Bisogna sbloccare tutte le infrastrutture bloccate quest’anno, in qualche mese di governo, in modo inspiegabile. Tornare a investire su innovazione, sviluppo e formazione. Mentre sono state tagliate le risorse sugli investimenti, ad esempio sull’alternanza scuola lavoro”.

Con lei, altrettanto caustico il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. “La guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina non aiuta un paese esportatore economico, c’è una priorità economica che andrebbe affrontata”. Per Boccia la vera e unica domanda è: fare un governo per fare cosa? “Serve una manovra economica che ponga attenzione alla questione del lavoro e della crescita», spiega, ricordando che «tra l’altro elementi determinanti sono stati oggetto delle cinque convocazioni, di cui due a Palazzo Chigi e due al Viminale, che abbiamo avuto prima della crisi di governo, in cui le parti sociali convergevano su alcuni punti determinanti: riduzione tasse sul lavoro, grande dotazione infrastrutturale, attenzione al salario minimo collegata ai contratti collettivi”.

Ma non proprio tutto pare da buttare, per il presidente Boccia. Se non del contenuto, almeno della forma. “Si può ripartire da un metodo, vedere per ogni provvedimento quali sono gli effetti sull’economia reale. Abbiamo un’emergenza di occupazione nel mezzogiorno e necessità di affrontare questi problemi più che guardare al consenso», dice il presidente di Confindustria. Ma il nocciolo resta ben delineato. «Serve una proposta in chiave europea anche sulle infrastruttura, eventualmente finanziabile con eurobond, un’attenzione ai giovani, che sono gli esclusi della società italiana. E ridurre il debito pubblico”.

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