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Andreotti e l’intelligence. Il ruolo e i rapporti analizzati all’Università della Calabria

La IX edizione del Master in Intelligence dell’Università della Calabria ha preso il via con un convegno nazionale su “Giulio Andreotti e l’intelligence. La guerra fredda in Italia e nel mondo”, promosso in occasione del centenario della nascita del politico democristiano.

IL CONVEGNO

Dopo i saluti dell’ateneo portati dal presidente del corso di laurea in Scienze dell’educazione Giuseppe Spadafora, l’introduzione è stata svolta dal direttore del Master Mario Caligiuri, che ha ripercorso le varie tappe dell’istituzione del Master dal 2007 con Francesco Cossiga fino ad oggi, illustrando il ruolo dell’intelligence “che aiuta ad andare in profondità rispetto ai fenomeni sociali, perché la complessità della realtà non può essere ridotta nei 120 caratteri di un tweet”.

GLI OBIETTIVI

Uno dei principali obiettivi delle iniziative dell’Universita della Calabria, tra le quali recentemente anche la promozione della Società Italiana di Intelligence, hanno ricordato gli organizzatori, “è quello di raggiungere dignità culturale e accademica all’intelligence, facendola configurare come un vero e proprio settore di studi scientifici”.

LE SESSIONI

Si è poi aperto il convegno articolato in due sessioni. Quella mattutina è stata introdotta da Serena Andreotti, presidente dell’Archivio Andreotti, che ha ricordato l’importante eredità culturale e storiografica che il padre ha lasciato: 3500 faldoni di pagine, diari, documenti, report e pensieri, appuntati meticolosamente dal 1944 in poi. Tutto questo materiale, si è detto durante il convegno costituisce una “memoria della Repubblica” dalla quale trarre importanti fonti per la ricostruzione della storia politica del nostro Paese.

GLI INTERVENTI

Ha aperto le relazioni Mario Caligiuri, che è intervenuto su “Andreotti e l’intelligence”, fornendo un inquadramento storico per ricordare “la necessità che gli uomini di Stato siano necessariamente anche uomini di intelligence”, in quanto “è uno strumento fondamentale per tutelare l’interesse nazionale”. Caligiuri ha ripercorso le tappe del politico democristiano, mettendo in luce le relazioni e i rapporti con l’intelligence, in una fase segnata dalla guerra fredda che ha condizionato la storia d’Italia e del mondo.

L’intervento di Paolo Gheda, dell’Università della Valle d’Aosta, si è concentrato sul ruolo politico di Andreotti agli Affari Esteri durante la Guerra Fredda, prendendo in particolare riferimento il suo approccio alle funzioni dell’intelligence e alle strategie diplomatiche. A tale riguardo, Gheda ha evidenziato “l’importante rapporto tra Andreotti ministro e gli ambasciatori Maccotta prima, e Sergio Romano poi”, sottolineando come “le esperienze di carattere diplomatico dello statista democristiano si debbano far risalire alla prima fase del suo impegno politico, in particolare al suo incarico di responsabile dell’Ufficio Zone di Confine su mandato diretto di Alcide De Gasperi”. Gheda ha concluso sottolineando come Andreotti “si sia rapportato sempre come uomo di Stato prima ancora che come politico anche nell’ambito delle strategie diplomatiche e d’intelligence del suo Paese”.

Vera Capperucci, della Luiss di Roma, ha sviluppato il tema “Tra partito e governo. Ruolo di Andreotti dal Centro Sinistra alla Solidarietà Nazionale”. In tale quadro, ha evidenziato come il politico democristiano “si sia caratterizzato oltre che che come uomo di Stato anche di partito, nei suoi ruoli di responsabilità politica nel quadro della Prima Repubblica”.

Ha concluso la prima sessione Stefano Andreotti, che introdotto e quindi letto alcune pagine inedite dai diari del padre, ricordando “i casi emblematici di Guido Giannettini, ed il caso Mi.Fo.Biali, collegato al tentativo di nascita del Nuovo Partito Popolare da parte di Mario Foligni, con gli eventuali proventi derivanti dal traffico di petrolio con la Libia, da realizzare anche attraverso contatti con la Guardia di Finanza”.

La sessione pomeridiana è stata animata da Luca Micheletta, dell’Università “La Sapienza” di Roma, che ha approfondito il tema dell’Intelligence italiana e delle relazioni con la Libia di Gheddafi durante la guerra fredda. In tale contesto, ha messo in risalto “i rapporti tra Andreotti e Muammar Gheddafi, mantenuti sempre costanti e tendenzialmente pacifici”. E questo anche e soprattutto di fronte alle pressioni “volte a sovvertire il regime libico, tutelando in questo modo gli interessi commerciali ed energetici del nostro Paese”. A tale riguardo Micheletta ha messo in evidenza “il ruolo fondamentale dell’intelligence italiana per la ripresa degli accordi commerciali con la Libia, dopo il bombardamento di Lampedusa del 1986”.

L’ultima relazione è stata svolta da Tito Forcellese, dell’Università di Teramo, dal titolo “I governi Andreotti negli anni Settanta: uso delle informazioni tra diplomazia e politica”, rilevando come l’uomo di governo democristiano sia stato “una figura rilevante nello scacchiere internazionale degli anni Settanta, poiché, proprio grazie all’efficiente uso delle informazioni, ha saputo riservare all’Italia un ruolo di spicco”. Secondo Forcellese, “il nostro Paese ha svolto importanti mediazioni durante la fase di distensione della guerra fredda, come le intese per la riduzione degli armamenti e i lavori preparatori dei decisivi accordi di Helsinki”.

Il convegno si è concluso con un ampio dibattito tra studenti e relatori. Di interesse anche l’approfondimento sul rapporto tra i nostri servizi e la Libia nel corso degli anni.

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