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Perché gli italiani invocano il ritorno alla normalità. L’ultimo sondaggio Ipsos

Buone notizie sul fronte coronavirus: c’è un po’ meno paura per la diffusione della malattia rispetto alle scorse settimane.  A confermarlo un sondaggio della società Ipsos tra il 29 febbraio e il 1° marzo 2020. La percezione di minaccia è calata, sia a livello di cerchia ristretta, sia per l’Italia e per il mondo.

Gli italiani restano fiduciosi della gestione delle istituzioni, specialmente i governi locali rispetto a quello nazionale, e privilegiano il Sistema Sanitario Nazionale. Resta salda la fiducia nell’azione delle istituzioni sul territorio.

Restano però divisi sulle misure preventive. “Quattro cittadini italiani su 10 – si legge nel sondaggio – sono propensi ad accettare limiti rigidi, il 55% chiede però di poter continuare a condurre una normale esistenza”. La maggioranza spera di ritornare presto alla normalità, di fronte agli effetti economici dell’emergenza.

Per quanto riguarda la percezione di minaccia a livello mondiale, la preoccupazione è aumentata (solo in Italia e in Giappone è rimasta inalterata). Il turbamento riguarda non solo la sicurezza sanitaria ma soprattutto lo stato finanziario, giacché il virus può contagiare fatalmente i mercati globali.

“Le misure di quarantena sono ritenute accettabili dalla maggioranza dei cittadini in tutti i Paesi, con un po’ più di prudenza per i cittadini italiani, tedeschi e giapponesi”, si legge nel report. Il sondaggio Ipsos è stato fatto su un campione in Stati Uniti, Canada, Australia, Francia, Germania, Giappone, Italia, Russia e Regno Unito tra il 28 e il 29 febbraio.

La situazione sei mesi fa era ben diversa. Solo un italiano su tre riteneva probabile la minaccia di un’epidemia in Italia. A inizio anno il coronavirus è apparso con tutte le caratteristiche di un “cigno nero”, cioè un evento imprevisto con effetti piuttosto rilevanti.

A settembre del 2019, i pensieri erano molto diversi. La percezione di rischio di un’epidemia era remota: 34% credeva allo lo scoppio di un’epidemia, 67% una catastrofe naturale, 60% un attacco terroristico, 53% un attacco nucleare, biologico o chimico.

Invece rispetto a due settimane fa: “La dimensione locale è tinta di rassicurazione: a livello personale e locale la minaccia resta confinata entro livelli contenuti (23% per sé, 28% per la propria comunità/città)”. Quindici giorni fa un italiano su due ha ritenuto che il Paese è sotto minaccia per il covid-19. La popolazione crede più alle istituzioni sanitarie come fonte di informazione rispetto ai media e promuove l’operato delle strutture sanitarie, professionisti della sanità e sindaci delle zone contagiate.

L’Italia è il terzo Paese al mondo per numero di contagiati. Alla domanda se il Paese è stato colto impreparato, il 35% considera che non sono state adottate le giuste misure nelle scorse settimane; il 41% crede necessari controlli più capillari che consentano  di avere un quadro più  realistico del contagio che in altri Paesi e il 15%  considera che è un fatto del tutto casuale.

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