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Vittoria Usa. L’agenzia Onu per la proprietà intellettuale non va alla Cina

È Daren Tang il nuovo direttore generale della Wipo, l’agenzia Onu che si occupa di proprietà intellettuale, eletto oggi dal Comitato di coordinamento dell’ente presieduto dalla Francia. Una vittoria per gli Stati Uniti (con l’aiuto anche italiano a quanto risulta a Formiche.net). Una sconfitta per la Cina. Washington, infatti, è riuscita a evitare che Pechino mettesse le mani sulla quinta agenzia delle Nazioni Unite (su 15 in totale) rafforzando il suo strapotere nell’organizzazione.

Un successo che gli Stati festeggiano, visto che la Cina aveva un enorme interesse a guidare l’organismo internazionale che regola la proprietà intellettuale ma anche il sistema di brevetti verso cui Pechino e le sue aziende, a partire dal gigante delle telecomunicazioni Huawei, hanno dimostrato un interesse sempre maggiore. Sono infatti proprio Huawei e Zte, i colossi del Dragone nel mirino delle autorità statunitensi, i principali depositari di brevetti per quanto riguarda la Repubblica popolare, come emerge dalle statistiche della Wipo.

LE CORRENTI A ROMA

Ieri avevamo raccontato le divisioni all’interno del governo italiano: da una parte l’“orientamento molto netto” del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, deciso a sostenere la candidata cinese Wang Binying, attualmente uno dei vice dell’agenzia; dall’altra parte il premier Giuseppe Conte, più orientato a schierare l’Italia al fianco degli Stati Uniti che hanno scelto di sostenere Daren Tang, oggi a capo dell’Ufficio per la proprietà intellettuale di Singapore, come sostituto del direttore generale uscente, l’australiano Francis Gurry.

Negli ultimi giorni, ha spiegato Wei Lei, ex capo dell’IT della Wipo, al Financial Times, diversi Stati membri europei del Comitato di coordinamento “stavano vacillando” sulla scelta di Daren Tang perché, dicono, gli altri candidati hanno maggiore esperienza all’interno dell’organizzazione. All’identikit di Wei Lei corrisponde perfettamente la cinese Wang Binying.

VINCE PALAZZO CHIGI

A quanto risulta a Formiche.net alla fine sembra aver prevalso la linea di Palazzo Chigi. Sarebbe stato piuttosto strano il contrario, cioè vedere l’Italia, tra le principali vittime della contraffazione, fare – tra l’altro, all’indomani della presentazione di un piano da 716 milioni per sostenere l’export da parte del ministro Di Maio – un favore proprio alla Cina, da più parti accusata di furti della proprietà intellettuale. Difficilmente però, racconta una nostra fonte diplomatica, il governo renderà pubblica la sua scelta preferendo nascondersi dietro al voto segreto per coltivare l’ambiguità di posizione tra Stati Uniti e Cina. Un atteggiamento che però rischia di produrre l’effetto contrario di quello sperato: potrebbe, infatti, irritare sia Washington sia Pechino.

STRAPOTERE CINESE

La Cina già controlla quattro delle 15 agenzie delle Nazioni Unite: l’Unido, che si occupa di sviluppo industriale; l’Itu, l’organismo per le telecomunicazioni sempre piuttosto morbido su Huawei; l’Icao, l’ente dell’aviazione civile protagonista nei giorni dell’esplosione dell’epidemia Coronavirus per le sue politiche anti Taiwan; la Fao, competente su cibo e agricoltura. Nessun membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite può vantare più di un’agenzia. E proprio il caso della Fao è stato utilizzato in queste settimane dai funzionari statunitensi, anche quelli in Italia, per provare a convincere gli alleati (il Financial Times parlava di una “sveglia”). Allora Europa e Stati Uniti si presentarono divisi sul candidato anti-cinese da sostenere: Washington sponsorizzava un georgiano, il Vecchio continente si era schierato al fianco del candidato francese.

LE ACCUSE DEGLI USA

Recentemente il segretario di Stato Mike Pompeo aveva accusato la Cina di “aver rubato proprietà intellettuale” e aveva avvertito: “Sarebbe ridicolo se la Cina guidasse un’agenzia che aiuta a formulare politiche transnazionali sulla proprietà intellettuale”. Un report statunitense del 2017 accusava la Cina di essere responsabile della perdita di proprietà intellettuale statunitense (attraverso il furto) quantificabile tra i 225 e i 600 miliardi di dollari ogni anno. 

LE RIVELAZIONI DI POOLEY

Parlando a Formiche.net James Pooley, uno dei maggiori esperti mondiali di proprietà intellettuale, vicedirettore della Wipo dal 2009 al 2014 e grande accusatore dell’agenzia, ha detto che in caso di vittoria cinese “gli Stati Uniti dovrebbero iniziare i preparativi per il ritiro dal Pct”, cioè dal Trattato di cooperazione in materia di brevetti. È questione di fiducia, ha detto ancora: “Considerando che il direttore generale della Wipo esercita un’assoluta autorità sull’organizzazione senza un’efficace supervisione (ciò a causa della singolare indipendenza finanziaria dell’agenzia), è facile vedere nella scelta di un cittadino cinese per questo incarico una possibilità per loro di accesso anticipato a migliaia di domande di brevetto segrete depositate da inventori di altri Paesi”. 

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