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Centrodestra, chi soffia sul (copri)fuoco? I dubbi di Giubilei

Sì, è vero, il centrodestra è diviso su tanti dossier. Lega e FdI litigano sul Copasir, il coprifuoco, il Recovery plan. Ma almeno lo fanno alla luce del sole, senza farsi logorare dalle correnti che agitano tutti i partiti, nessuno escluso. Ora bisogna marciare uniti, direzione Palazzo Chigi. Il commento di Francesco Giubilei, presidente della Fondazione Tatarella

La vulgata di una contrapposizione sempre più accesa tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni viene alimentata quotidianamente da articoli, presunti retroscena, rumors che in molte occasioni hanno lo scopo di trasmettere l’immagine di un centrodestra spaccato e litigioso.

È fisiologico che due partiti con oltre il 40% dei consensi e numerosi punti programmatici in comune abbiano talvolta attriti. Ma non bisogna dimenticare che Lega e FdI (con Forza Italia) governano insieme quindici regioni e migliaia di comuni.

Ci sono alcuni dossier caldi (su tutti il Copasir) che dividono gli interessi di Salvini e Meloni e senza dubbio l’assottigliamento della distanza in termini percentuali tra i rispettivi partiti nei sondaggi contribuisce a tenere vive le differenze. Peraltro una sana competizione all’interno del centrodestra può essere positiva poiché favorisce il dibattito interno e sprona le principali forze politiche a realizzare iniziative condivise con maggiore forza.

Seppur da prospettive differenti, sul tema del coprifuoco il centrodestra ha portato avanti una battaglia comune, Lega e Forza Italia dalla maggioranza, FdI dall’opposizione. Anche se non si è ottenuta l’abolizione del coprifuoco, si è riusciti a strappare una revisione delle regole già da maggio, un primo obiettivo ma non sufficiente per cancellare una restrizione che ha un’utilità più da un punto di vista dissuasivo che sanitario secondo alcuni virologi.

Per questo sbaglia chi, dal mondo culturale, intellettuale e giornalistico di destra, soffia sul fuoco per fomentare una contrapposizione tra Salvini e Meloni attaccando, dalle rispettive posizioni, l’uno o l’altra e non comprendendo che, così facendo, si favorisce solo la sinistra.

Dopo la nascita del governo Draghi, abbiamo assistito a una polarizzazione del dibattito anche tra opinionisti, giornalisti e analisti di centrodestra con vivaci confronti a suon di tweet, articoli, ospitate televisive. A tratti è sembrato di leggere dibattiti tra ultras invece che analisi e approfondimenti necessari per comprendere un contesto politico tutt’altro che semplice.

Nessuno mette in dubbio che vi siano contrapposizioni, rese ancor più evidenti dalla scelta della Lega di appoggiare il governo Draghi e di Fratelli d’Italia di andare all’opposizione, ma il compito del mondo culturale dovrebbe essere quello di trovare delle sintesi e non gettare benzina sul fuoco su una competizione che, a lungo andare, rischia di essere controproducente per il centrodestra.

Anche perché, alla prova dei fatti, le vere divisioni sono da altre parti, basti vedere cosa avviene nel Movimento Cinque Stelle, le correnti che logorano il Pd (nulla di simile esiste in partiti come Lega o Fratelli d’Italia), gli attriti tra Calenda/Renzi con Letta.

Una prospettiva fusionista può sembrare oggi poco in voga ma occorre guardare a quanto accadrà nei prossimi anni in cui, salvo sorprese, il centrodestra dovrebbe andare al governo. In quel caso occorrerà lasciare da parte divisioni e contrapposizioni per marciare in modo unitario. Anche perché, ancor prima di un governo a trazione centrodestra, occorrerà superare la difficile prova delle elezioni politiche in cui sarà fondamentale dimostrare unità e coesione.

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