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Prima di un Presidente forte serve una democrazia liberale seria

Di Raffaello Morelli e Pietro Paganini

In una Democrazia Liberale solida i gruppi parlamentari che siedono in Parlamento e i partiti che li sostengono dovrebbero presentarsi ai cittadini con il nome di un candidato (di qualsiasi genere sia) alla Presidenza della Repubblica. Ma così non succede. Il commento di Raffaello Morelli e Pietro Paganini

Partiti e gruppi di interesse non si sono preoccupati di individuare il candidato migliore per la Presidenza della Repubblica. Da mesi affrontano la questione prescindendo dai fatti.

I fatti sono la procedura ed i numeri dei grandi elettori. Alle prime tre votazioni occorrono 672 voti dei grandi elettori. Dalla quarta ne servono 505.

E poi non avrebbero dovuto sminuire la candidatura di Silvio Berlusconi. È fortemente motivato e gode di un’ampia maggioranza relativa – intorno ai 450 grandi elettori.

Di fronte a questi fatti certi, i fautori del politicamente corretto che considerano Berlusconi il male (ha ogni diritto di candidarsi) avrebbero dovuto impegnarsi per individuare un nome capace di coagulare 672 voti nelle prime tre votazioni (alla quarta ne occorrono solo 505).

Non lo hanno fatto, perché si cullano nell’illusione di disporre dei numeri di una volta, credono di poter decidere a piacimento, e in un ultima analisi sperano nei franchi tiratori nel centro destra (ma Berlusconi tradito farebbe dissolvere il centro destra e i suoi sogni di vittoria alle politiche).

Nell’inerzia, la situazione è peggiorata. A due settimane dal voto, possono puntare ai 672 suffragi o una personalità come Mario Draghi (esperienza e carattere) oppure una personalità estranea alla politica e immensa nella storia comune come la Liliana Segre.

La maggioranza non vuole Draghi, perché gli serve a risolverei problemi del Paese. Da qui la campagna per eleggere una donna. Tentano di rifilare ai cittadini un candidato evocativo, che riempia le emozioni e annebbi la ragione.
Chi forza la candidatura di una donna lo fa per illudere i cittadini di aver finalmente emancipato la giovane Democrazia italiana, coprendo la mancata elezione di Draghi. Essi dimostrano, ancora una volta, di non aver compreso i meccanismi della Democrazia Liberale. A ciò che è meglio per gli interessi dei cittadini, preferiscono ciò che a loro giudizio è giusto.

I cittadini meritano il Presidente che meglio tuteli diritti e Libertà. Non importa che sia uomo o donna.

Draghi sarebbe il miglior Presidente della Repubblica. Per esperienza e competenze è la figura più opportuna a garantire diritti e Libertà degli italiani, almeno in questo momento di scarsa qualità istituzionale.
Ma i partiti di maggioranza e i principali gruppi di interesse non lo vogliono al Quirinale. Lo vogliono Primo Ministro, almeno fino alle prossime elezioni.

Lasciando a Draghi il compito di affrontare i problemi più gravi, potranno continuare a gestire il potere e evitare di presentare ai cittadini risposte e progetti per soddisfare i loro bisogni e desideri.

Al suo posto favoriscono una figura che garantisca i loro interessi, non quelli dei cittadini. Per giustificarsi con essi evocano il sogno di eleggere una donna.

In una Democrazia Liberale solida i gruppi parlamentari che siedono in Parlamento e i partiti che li sostengono dovrebbero presentarsi ai cittadini con il nome di un candidato (di qualsiasi genere sia) alla Presidenza della Repubblica. Lo dovrebbero introdurre ai cittadini spiegando le ragioni della scelta. Dovrebbero lavorare in seno al Parlamento per trovare la maggioranza necessaria. Nella giovane e poco matura Democrazia (pochissimo) Liberale italiana, così non succede. Si improvvisano nomi e generi per soddisfare interessi di bottega che non coincidono con quelli dei cittadini.

I partiti dovrebbero spiegarci cosa intendono per il ruolo di Presidente e quindi quale è la figura che meglio possa espletare quel ruolo.
Prima di un Presidente forte, eletto dai cittadini, serve una Democrazia Liberale seria.

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