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Elogi a Putin e schiaffi all’Occidente. Viaggio nel web cinese

Gli utenti cinesi su Internet tessono le lodi del presidente russo, l’uomo che sta ripagando l’Occidente con la stessa moneta con cui questo tratta Cina e Russia. Pechino al momento è cauta nella posizione da prendere, ma di certo non si schiera con le sanzioni e censura la narrazione pacifista sul web

Se Pechino dovesse prendere in considerazione l’opinione che gira su Internet appoggerebbe Vladimir Putin nella sua operazione militare. La cautela mostrata dalla Cina in merito alle misure da adottare contro la Russia non rispecchia infatti quella degli utenti cinesi, molto più netti nella posizione da prendere. Contrariamente all’idea generale, sulle piattaforme online si tessono le lodi di Vladimir Putin, l’uomo che sta combattendo l’Occidente. Un misto di ammirazione e comprensione che accomuna i tanti utenti cinesi, che se non sono apertamente favorevoli alla guerra sono perlomeno fermi oppositori della propaganda occidentale.

La traduzione del discorso con cui ha avuto inizio all’invasione sembra aver scaldato i cuori dei cinesi, dato che su Weibo l’hashtag #Putin10000wordsspeechfulltext è stato cliccato 1,1 miliardi di volte, per lo più da giovani nazionalisti. Frasi come “Putin il Grande”, “il più grande stratega di questo tempo”, “la più grande eredità dell’Unione sovietica” sono molto diffuse, così come le critiche al popolo russo che chiede la pace. All’elogio di Putin seguono anche commenti che riflettono le posizioni del Partito comunista, non entusiasta della decisione di Mosca – di cui non aveva una precisa conoscenza – ma che, in ogni modo, non può abbandonare schierandosi con l’Occidente e le sue sanzioni.

Anzi, nel racconto cinese una posizione centrale la occupano proprio gli Stati Uniti. Mentre iniziavano a cadere le prime bombe sul territorio russo, è entrata in tendenza, sempre su Weibo, la frase pronunciata dalla direttrice dell’Informazione del ministero degli Esteri, Hua Chunying (“La Nato ha ancora un debito di sangue con il popolo cinese”, in riferimento al bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado nel 1999 dove persero la vita tre persone). La motivazione dell’assenso generale all’invasione russa è infatti molto chiara: il presidente Putin ha incarnato il sentimento di rivalsa nei confronti del mondo occidentale, specie nei confronti degli Stati Uniti, il cui impero è considerato in decadenza. Insomma, se c’è da trovare un colpevole non bisogna guardare alla Russia, che sta solo ripagando gli Usa e i loro alleati con la stessa moneta.

Tra i commenti rilasciati sotto i vari post, si possono leggere le dichiarazioni dei “little pinks” – che prendono spunto dai “wolf warrior”, lo stile con cui alcuni funzionari cinesi hanno adottato comportamenti poco diplomatici e al ventriloquo –  che definiscono Washington, in pura tradizione maoista, una “tigre di carta” dalla natura “guerrafondaia”. La narrazione che viene fatta passare è nota: gli Stati Uniti sono impauriti dall’ascesa di Russia e Cina e perciò non concedono il giusto spazio.

A forgiare gli utenti online sono state soprattutto le uscite pubbliche delle autorità cinesi. A iniziare dall’account di Zhao Lijian, il vice della portavoce Hua, dove è stato fissato in bella mostra un tweet che recita: “La Cina ha il record migliore in materia di pace e sicurezza. Non abbiamo mai invaso altri Paesi, non siamo mai stati coinvolti in guerre di procura, non abbiamo mai cercato sfere di influenza o partecipato a scontri militari”. Potremmo definirlo una sorta di war-washing con cui Pechino cerca di apparire al mondo in modo diverso rispetto agli altri protagonisti, che trovano nella guerra il rimedio alle loro mancanze nel dialogo. Frasi simili, tuttavia, potrebbero essere un modo per dire no all’invasione russa, ma rischiano invece di creare un assenso tacito.

Le sanzioni unilaterali inflitte a Mosca dall’Occidente non sono piaciute a Pechino, che le relega all’illegalità. A questo si aggiunge il fatto di come la Cina non perda occasione per ricordare agli Usa le loro responsabilità storiche. Se si scorre sulla bacheca di Twitter di Zhao ci si imbatterà in un post che ricorda tutti gli interventi militari statunitensi da dopo la Seconda guerra mondiale, accompagnata con l’inequivocabile hashtag #NeverForget. Anche dall’Ucraina, l’ambasciata cinese non aveva seguito la strada delle altre diplomazie, che avevano chiesto ai loro concittadini di lasciare il Paese con urgenza. Al contrario, ai cinesi era stato chiesto di esporre una bandiera rossa sulla propria automobile così da indicarne la cittadinanza ed essere protetti. Tempo due giorni, il dietrofront: togliere qualsiasi elemento che possa facilitare l’identificazione e fare attenzione ai commenti sui social.

La narrazione cinese che circola su Internet sembrerebbe, inoltre, fortemente indirizzata. Come scritto in precedenza, la posizione ufficiale di Pechino (al momento) è quella di una salvaguardia del principio di territorialità – una costante nella politica estera del Dragone – senza però isolare la Russia e Vladimir Putin, con cui solo qualche settimana fa il presidente Xi Jinping stringeva la mano e accordi. Non tutti i cinesi però sono “pro-Russia, pro-Putin, pro-guerra”. A differenza di questi ultimi, non riescono però ad ottenere la stessa visibilità. Ad esempio l’articolo “Tutti quelli che esultano per la guerra sono idioti”, apparso su WeChat dove aveva ottenuto grande condivisione, è stato eliminato per violazione delle regole interne, contrarie alla versione ufficiale del Pechino. Che per ora si astiene ma, se proprio il suo popolo ha voglia di prendere posizione, che lo faccia ricordando le responsabilità storiche statunitensi. Quindi, non contro la Russia.

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