Una analisi del quadro normativo dell’assistente religioso nelle strutture sanitarie italiane, figura fondamentale particolarmente durante il Covid nell’affiancare medici e infermieri a tutela degli anziani. Pubblichiamo la presentazione del volume “L’assistente religioso nelle strutture sanitarie – Ruolo, normativa, prospettive” (Editori Romani) curato dall’avv. Giovanni Costantino, fondatore dello Studio Costantino & partners
La figura dell’assistente religioso, da sempre presente nel panorama sanitario nazionale, è spesso al centro del dibattito pubblico che si divide tra chi invoca una sua riscoperta e valorizzazione e chi, invece, ritiene che si tratti di un’ulteriore gabella imposta dalla Chiesa allo Stato italiano. Proprio la recente pandemia ha riportato la questione alla ribalta: in un periodo di profondo sconforto e di estrema solitudine dei malati derivante dalle restrizioni poste anche nei luoghi di cura, molti hanno riscoperto l’importanza dell’assistente religioso nei reparti ospedalieri, del suo contributo al processo di guarigione e del ruolo decisivo svolto nell’accompagnamento alla morte. Altri, invece, proprio in ragione dell’emergenza sanitaria, hanno enfatizzato ancora di più l’opportunità di un miglior impiego delle risorse da parte delle Regioni, suggerendo di destinarle alla contrattualizzazione di ulteriori figure sanitarie, invece di continuare a spenderle per una figura reputata anacronistica. Il presente contributo, pur non volendo intervenire nell’accennato dibattito, intende ripercorrere la vigente normativa sanitaria per ricostruire il ruolo dell’assistente religioso all’interno delle strutture di ricovero, la sua legittimazione e la disciplina applicabile al relativo rapporto di lavoro.
Vi sono, infatti, intese regionali che hanno limitato tale ruolo solo ai sacerdoti (facendo coincidere l’assistente religioso con il cappellano) e altre che hanno, invece, esteso anche ad altri religiosi/e e ai diaconi permanenti tale possibilità, sulla scorta di una diversa interpretazione del termine “ecclesiastici” contenuta nell’art. 11 dell’Accordo tra Repubblica Italiana e Santa Sede del 1984. L’assenza di una disciplina nazionale ha influito, inoltre, sulla determinazione dei requisiti e sul ruolo dell’assistente religioso che, essendo rimesse alle intese regionali, ha finito per sfociare in differenze a livello locale che incidono, inevitabilmente, anche sulla qualità del servizio offerto. Scopo del presente contributo è, dunque, quello di delineare il quadro normativo vigente facendo emergere non solo la complessità e delicatezza della figura dell’assistente religioso nelle strutture sanitarie, ma anche le criticità determinate dalle decisioni assunte a livello locale, che non sempre si pongono nel solco tracciato dal legislatore nazionale. L’auspicio è quello di fornire a coloro i quali sono direttamente coinvolti nella disciplina della materia un (si spera) utile supporto, sia nel reperimento della regolamentazione applicabile, sia nel prevenire o gestire tutti gli aspetti che sono spesso fonte di contenzioso o che rischiano di vanificare la ratio di tale presenza e di tale servizio nei luoghi di ricovero.
A tal fine, alla ricognizione della normativa nazionale è stata affiancata anche quella delle diverse regolamentazioni locali, così da rendere facilmente individuabile la disciplina di volta in volta applicabile. Nei capitoli finali sono state esaminate, invece, le principali criticità nascenti (il più delle volte) dalla differente regolamentazione adottata a livello locale e, affinché l’intero lavoro possa offrire un contributo concreto, sono stati focalizzati gli elementi sui quali sarebbe utile l’adozione di una disciplina unitaria a livello nazionale (requisiti, formazione, ruolo e contrattualizzazione dell’assistente sanitario) ed è stato proposto – in appendice – uno schema tipo di Protocollo di Intesa e di annessa convenzione, in cui sono sintetizzati gli aspetti che potrebbero assicurare un nucleo minimo di tutele e di uniformità del servizio sull’intero territorio nazionale.