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Alla Repubblica giova la partecipazione nelle aziende dei lavoratori. L’opinione di Bonanni

Ridare al lavoro il primato di valore per la vita comunitaria attraverso la partecipazione dei lavoratori alle decisioni dell’impresa apporterà grandi benefici alla cultura partecipativa. Potrà ridare speranza di piena cittadinanza a milioni di lavoratori. Il commento di Raffaele Bonanni

La proposta della Cisl di rilanciare lo sviluppo dell’art. 46 della Costituzione, potrà diventare la battaglia sociale e politica di grandissimo valore in un contesto difficoltoso di rapporto tra democrazia, economia, cultura e lavoro. Ed è incoraggiante che il governo, così appare, voglia appoggiarla.

Ridare al lavoro il primato di valore per la vita comunitaria attraverso la partecipazione dei lavoratori alle decisioni dell’impresa apporterà grandi benefici alla cultura partecipativa. Potrà ridare speranza di piena cittadinanza a milioni di lavoratori. I lavoratori dipendenti ormai sono posti ai margini del funzionamento della Repubblica che pur pone il lavoro quale primo suo fondamento. Ma la proposta, come in passato, dovrà fare i conti con ambienti politici, sociali ed economici, che pensano di rappresentare il lavoro senza rappresentanti del lavoro.

È quel paternalismo di più ambienti che frena l’evoluzione delle relazioni industriali responsabili dando così forza al populismo. Sono gli stessi che tolgono frequentemente spazio alle parti sociali per condurre propositi demagogici. Dunque il tema in questione è il cardine della cultura sociale europea che ha ispirato la economia sociale di mercato, simbolo e strumento distintivo della nostra civiltà continentale.

È dunque l’occasione per far della nostra cultura il rilancio della coesione sociale. La sfiducia è alta tra gli italiani sulle loro possibilità future, a partire dai 26 milioni e trecentomila lavoratori dipendenti. Ridare a questi ultimi soggettività è la carta più preziosa per alimentare un clima nuovo che chiuda la stagione della distrazione di massa promossa dai populisti e da coloro che si sono a loro arresi.

Non dovrà essere cogestione, ma mettere in condizione i lavoratori di avere informazioni sull’andamento dell’azienda, sugli investimenti economici e sulle risorse umane che si intendono impiegare. Cioè il clima migliore per raggiungere nella collaborazione obiettivi di qualità e quantità delle produzioni per politiche eque di redistribuzione degli utili e premi di produttività regolati dalla contrattazione collettiva.

Questi obiettivi devono legarsi al fisco di privilegio per le azioni dei lavoratori nelle Spa come avviene per la produttività. Far contare collettivamente le azioni dei lavoratori negli assetti societari è un’occasione evolutiva della democrazia economica. C’è già chi storce il muso per questi obiettivi perché crede che il sol dell’avvenire si raggiunge con la demagogia sindacale. Ma è la riprova dello spaesamento di chi per troppo tempo ha smarrito il senso delle cose e della propria storia.

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