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Un presidio operativo sull’Intelligenza artificiale. Consigli (cyber) per il G7 italiano

Di Barbara Caputo

Per i Paesi del G7 è fondamentale avere un presidio operativo e tecnologico sul tema dell’IA, una squadra di esperti di dimensioni adeguate ai bisogni delle filiere che si decide di presidiare. Un team che deve fare tutto il necessario per avere campioni nazionali e garantire che le infrastrutture critiche e i dati sensibili siano al sicuro. La riflessione di Barbara Caputo, docente di Machine learning e Deep learning al Politecnico di Torino

L’intelligenza artificiale non rappresenta la moda del momento, è qui per rimanere. La transizione digitale è irreversibile ed è necessario quindi capire che cosa farà l’IA all’interno di questa transizione. Da un punto di vista economico, geopolitico e operativo, questa rappresenta l’automazione dell’utilizzo del dato digitale. Così come si è automatizzato il settore industriale, allo stesso modo, attraverso l’intelligenza artificiale, si sta verificando un processo di automatizzazione del digitale e di tutto ciò che lo riguarda, come ad esempio il fronte della sicurezza.

L’interazione tra intelligenza artificiale e cyber-security si delinea in due diversi fronti: che cosa la prima può fare per la seconda e quanto è sicura la stessa IA. Se l’intelligenza artificiale è l’analisi del dato digitale, nell’ambito della cyber-security il dato digitale si può gestire sia per concepire un attacco sia per immaginare una difesa. Quindi, se chi attacca utilizza metodi di intelligenza artificiale, chi si difende deve farlo a sua volta, altrimenti si pone in una posizione di debolezza.

Si tratta di un campo dove ci sono già diversi investimenti, l’Italia ha fatto una scelta strategica fondamentale istituendo l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn), che ha tutti gli strumenti necessari per guidare la ricerca e l’innovazione sul tema. Nel piano strategico dell’Acn c’è una parte legata all’intelligenza artificiale: il nostro sistema-Paese da questo punto di vista è all’avanguardia.

Per quanto riguarda la sicurezza delle applicazioni di IA si deve fare una riflessione importante: quando si utilizza il termine intelligenza artificiale, da un punto di vista tecnico, si parla di un mondo enorme di algoritmi. Ci sono numerosi modelli di IA, soprattutto quelli di tipo generativo che in questo momento dominano conversazioni e immaginario sul tema, i quali hanno dietro algoritmi giganteschi. Implementare questi modelli, da un punto di vista software, richiede miliardi di righe di codici.

Di fronte ad algoritmi così grandi, senza competenze specifiche rispetto al tipo di tecnologia, si rischia di non recepire eventuali operazioni illecite legate alla loro implementazione. Ecco perché è fondamentale, per qualsiasi Paese del G7, avere un presidio operativo e tecnologico su questo tema, quindi una squadra di esperti tecnici di dimensioni adeguate ai bisogni delle filiere che si decide di presidiare. Una squadra che deve costruire, creare e fare tutto il necessario per avere campioni nazionali e garantire che le infrastrutture critiche e i dati sensibili siano al sicuro.

Un Paese del G7 senza tali dispositivi rischia di prestare il fianco a rischi seri, che non può permettersi di correre. L’Italia ha molte eccellenze in ambito internazionale, aziende solide e leader a livello globale. Perciò dovrebbe identificare tra queste realtà quelle che hanno già raggiunto un certo grado di maturità digitale tale per cui, una spinta importante nella direzione dell’intelligenza artificiale, possa dare una ragionevole chance di diventare un campione internazionale.

Gli algoritmi di IA possono intervenire in settori dell’economia dove c’è già una forte propensione, o che nascono intrinsecamente digitali. In settori dove i processi di digitalizzazione sono ancora arretrati, pensare alle applicazioni di intelligenza artificiale e a possibili investimenti sul tema è più complesso. Ambiti come l’aerospazio, le telecomunicazioni, la logistica, il bancario e l’insurance nascono digitali e sono quindi favorevoli a investimenti che portino a immaginare, e costruire, l’IA di domani.

Al contrario, settori come quello dell’agricoltura, che hanno un impatto gigantesco sul Prodotto interno lordo nazionale, non sono ancora digitalizzati. Una considerazione rilevante da fare quando si considera l’aspetto economico e geopolitico della tecnologia.

(Analisi pubblicata sull’ultimo numero della rivista Formiche)

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