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L’IA mette tutti d’accordo. Approvata la prima risoluzione all’Onu

L’importanza dell’adozione va di pari passo al modo in cui è arrivata. I 193 Stati membri hanno concordato all’unisono, dando ancor più risalto al momento. L’intenzione espressa dal testo è di offrire a chiunque i vantaggi della tecnologia, regolando i rischi. Dalla teoria ora occorre passare alla pratica

La prima risoluzione delle Nazioni Unite in materia di intelligenza artificiale è già storica di per sé, ma il fatto che sia stata adottata per consenso e non tramite una votazione la rende ancor più importante. Può sembrare un dettaglio, ma non lo è, specie in questi tempi dove le divisioni tra gli Stati emergono con più forza rispetto alle idee condivise. Proprio come ha fatto notare l’ambasciatrice americana all’Onu, Linda Thomas-Greenfield: “In un momento in cui si vede che il mondo è d’accordo su poco, forse l’aspetto più silenziosamente radicale di questa risoluzione è l’ampio consenso ottenuto in nome del progresso”. Promossa dagli Stati Uniti, la bozza ha infatti ricevuto un consenso unanime, anche di Cina, Russia e Cuba, tre degli storici avversari di Washington. Pertanto, approvandola per consenso, tutti i 193 Paesi si schierano a favore dello sviluppo di un’IA “sicura, affidabile e sostenibile”, dando impulso ai vari tentativi di regolarla per sfruttare tutti i suoi benefici, a partire dall’AI Act europeo.

Intervistata dall’Associated Press, la rappresentante americana ha ricordato come “le Nazioni Unite e l’intelligenza artificiale sono contemporanee, entrambe nate negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale. Sono cresciute ed evolute in parallelo. Oggi che si intersecano abbiamo l’opportunità e la responsabilità di scegliere, come comunità globale unita, di governare questa tecnologia piuttosto che lasciare che sia lei a governarci”. Dello stesso identico avviso anche la vice presidente Kamala Harris, convinta di quanto “l’IA deve lavorare nell’interesse pubblico. Deve essere adottata e fatta progredire in modo da proteggere tutti da potenziali danni e garantire che tutti possano godere dei suoi benefici”. Il diktat appare sempre lo stesso: prevenire, prima di dover curare.

Nello specifico, con l’adozione del testo l’obiettivo è ridurre il gap digitale che divide i Paesi industrializzati da quelli in via di sviluppo, così che possano sfruttare al meglio i vantaggi dell’IA anche in ambito medico, nella previsione degli eventi metereologici estremi e nella formazione professionale. “La progettazione, lo sviluppo, il dispiegamento e l’uso improprio o doloso di sistemi di intelligenza artificiali comportano rischi che potrebbero compromettere la protezione, la promozione e il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali”, continua la risoluzione.

È tuttavia solo il primo passo. Una volta appurato che l’intelligenza artificiale ha effetti enormi che devono dunque essere instradati, bisogna passare all’azione. La risoluzione Onu non è vincolante, ma essendo stata approvata con un consenso unanime è logico che chi si discosterà dai suoi principi sarà sottoposto a un giudizio. Se non degli altri Stati, perlomeno dei suoi cittadini.

Regolare i rischi, dunque, proprio come sta già facendo l’Unione europea. In questo senso, il gruppo dei 27 può dirsi avanti a tutti, dotandosi della prima legge al mondo sull’intelligenza artificiale. L’AI Act farà scuola, questo è certo, e non è un caso che le Nazioni Unite si pronuncino sul tema qualche mese dopo la decisione di Bruxelles. I due testi sono sovrapponibili, entrambi intenzionati a ridurre al minimo i rischi per far emergere le opportunità che la tecnologia mette a disposizione dell’essere umano.

Un punto su cui concordano anche i membri del G7, che in occasione del vertice giapponese hanno inaugurato il Processo di Hiroshima, pensato proprio per imporre dei paletti agli strumenti più avanzati basati sull’IA. Una missione che la presidenza italiana ha deciso di raccogliere e proseguire durante il suo mandato. Ancor di più dopo il voto all’Onu, che rafforza l’iniziativa. Ora c’è da compiere lo sforzo più grande da parte dei vari governi: dimostrare che oltre alle buone intenzioni c’è anche la seria volontà di perseguire l’obiettivo.

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