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Il Corriere della Sera con Papa Francesco fa attapirare papa Scalfari

Colpaccio al Corriere della Sera, con una lunga, per quanto informale, intervista di Papa Francesco a Massimo Franco, che si alterna nelle sue corrispondenze con via Solferino come notista politico e vaticanista. Una bella e intrigante intervista, che avrà probabilmente ingelosito il vecchio e quasi devoto fondatore laico della Repubblica di carta, che non si lascia perdere occasione, nei suoi incontri festivi con i lettori, per elogiare il Pontefice, e preferirlo di gran lunga ai leader, laici o credenti che siano, della politica italiana e internazionale. Lo ha fatto anche nell’ultima domenica pre-quaresimale.

Partito, nella conversazione pomeridiana tra le mura della residenza di Santa Marta, con la descrizione compiaciuta delle trattative che hanno permesso l’organizzazione dell’incontro, appena annunciato per il 12 febbraio a Cuba, con il Patriarca russo Kirill, dopo mille anni di scisma, il colloquio di Papa Francesco ha spaziato dappertutto. Dalla Cina, dove il Pontefice conta di attraversare la Grande Muraglia facendosi precedere intanto da un imminente messaggio al presidente Xi Jinping, all’Europa in crisi di natalità, di crescita economica e di unità. Un’Europa “sterile” che tuttavia, per tranquillizzare la cancelliera tedesca Angela Merkel, dolutasi con lui per telefono quando ne parlò per la prima volta in pubblico, potrebbe ripetere il miracolo biblico della moglie di Abramo, Sara, rimasta incinta a novant’anni per togliere al marito il fastidio di ingravidare, secondo le tradizioni, una delle schiave scelte da lei.

Dell’Europa e dei “tecnicismi della sua burocrazia” Papa Francesco ha trattato con Massimo Franco in termini quasi renziani, pur non spingendosi, per carità, sino all’ultima proposta dell’inesauribile presidente del Consiglio italiano, che vorrebbe le primarie anche per la scelta del presidente della Commissione dell’Unione, a Bruxelles. Dove difficilmente sarebbe arrivato, con questo sistema, il lussemburghese di lingua tedesca Jean Claude Juncker, che ha appena liquidato Renzi come un giovane troppo ambizioso che deve ancora “maturare”.

Meno in sintonia con Renzi il Papa si è trovato parlando della politica italiana e dei suoi leader, contestandogli implicitamente non la corsa verso la controversa disciplina delle coppie anche omosessuali, e della loro aspirazione ai figli che non possono fare in natura, ma la mancata conferma della radicale Emma Bonino a ministro degli Esteri, due anni fa. Quando l’allora sindaco di Firenze, fresco di elezione a segretario del Pdi, tolse la promessa serenità ad Enrico Letta e lo sostituì a Palazzo Chigi, improvvisando un governo tutto suo.

La Bonino – ha ricordato il Papa, facendo contento probabilmente anche Pierluigi Magnaschi, che su ItaliaOggi lo aveva preceduto qualche mese fa scrivendone della politica italiana “più nota nel mondo” – è quella che in Italia, e forse anche altrove, “conosce meglio l’Africa”. Dove il “cosiddetto Occidente”, sempre secondo il Pontefice, ha sbagliato la valutazione delle primavere arabe, per cui vi si sta giocando adesso una partita vitale anche per l’Italia, l’Europa e naturalmente il Medio Oriente. Come dargli torto? Anche se forse non si troveranno del tutto d’accordo con lui due personalità italiane per altri versi apprezzate da Papa Francesco: il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano e l’amico comune Scalfari.

Per una volta il fondatore della Repubblica di carta ha forse dovuto apprendere da altri, e non direttamente da lui, con le solite telefonate o i consueti incontri amichevoli, pensieri, riflessioni, progetti e desideri del Pontefice felicemente regnante. E ha scoperto ch’egli non legge soltanto, e forse neppure per primo, il suo giornale appena divenuto quarantenne. Cosa, questo, che riconcilierà peraltro Francesco con alcuni meii amici, fedelissimi di Santa Romana Chiesa, abitanti a due passi dal Vaticano, e da Santa Marta, che di quel suo rapporto privilegiato con Scalfari soffrivano sino a ieri come di qualcosa che non sapevano se definire più una delusione o una preoccupazione.

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