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Perché la polemica tra inglesi e americani su Manchester non si ferma

Oggi fonti della polizia inglese hanno raccontato che le autorità di Manchester hanno spinto per interrompere la condivisione diretta con gli americani dei dettagli sulle indagini dell’attentato compiuto dallo Stato islamico lunedì al concerto di Ariana Grande. Nell’ordine, prima l’informazione è stata data alla BBC, poi al Guardian, infine alla Associated Press. Il motivo della sospensione: gli americani avrebbero passato ai media informazioni segrete su cui invece gli inglesi volevano massima riservatezza. La situazione, già tesa da ieri, oggi è forse peggiorata.

Questo stop riguarderà soltanto le indagini condotte in città, che sono corpose e hanno già portato ad arresti “significanti” ha detto Ian Hopkins, capo della polizia di Manchester, che è passato anche sulla questione dei leak dell’inchiesta spifferati ai media americani: “Hanno prodotto molto dolore” a persone che “già soffrivano”, ha detto. Il presidente americano Donald Trump da Bruxelles, dove è in visita ai leader dell’Unione Europea e poi al quartier generale Nato, s’è rifiutato di rispondere a una domanda a proposito della situazione fatta al volo da un reporter. Mentre la premier inglese Theresa May ha detto che coglierà l’occasione dell’incontro nella sede della Nato per “rendere chiaro al presidente Trump che l’intelligence che viene condivisa tra le nostre forze di polizia deve rimanere sicura”.

Stamattina anche il sindaco di Manchester ha criticato l’atteggiamento dell’intel americana.

Mentre ieri il National Police Chiefs’ Council, in una dichiarazione ufficiale, ha fatto sapere che “il danno è ancora maggiore quando coinvolge la divulgazione non autorizzata di potenziali prove a metà di una vasta inchiesta contro il terrorismo”. Il gabinetto nazionale della polizia ha anche spiegato che i rapporti con i paesi alleati “consentono di collaborare e di condividere informazioni privilegiate e sensibili” utili “a sconfiggere il terrorismo e a proteggere le persone in patria e all’estero”: “Quando questa fiducia viene violata, quelle stesse relazioni vengono messe in discussione”.

Ieri il New York Times ha pubblicato un articolo analitico scritto da CJ Chivers, un ex Marine diventato giornalista da Pulitzer. L’articolo è imbottito di dettagli tecnici frutto dell’esperienza di Chivers, ma soprattutto resi possibili perché qualcuno gli ha passato informazioni succose, come le foto riservate dei reperti scattate sulla scena dell’esplosione alla Manchester Arena. L’articolo di Chivers è piuttosto importante, perché per esempio permette di ragionare sulla bontà con cui è stata confezionata la bomba. Questo aspetto aggiunge dettagli alla ricostruzione quasi completamente confermata secondo cui dietro all’attacco c’è un network dello Stato islamico, che a questo punto probabilmente può contare anche su un artificiere bravo – dato che difficilmente chi sa fare bene gli ordigni viene mandato a immolarsi come martire.

Sempre ieri Barbara Starr, famosa corrispondente della CNN dal Pentagono, ha parlato con un ufficiale di Africom (il comando della Difesa statunitense che segue l’Africa), il quale le ha fornito informazioni precise sul viaggio in Libia del colpevole dell’attacco, Salman Abedi. Il funzionario del Pentagono ha detto esplicitamente a Starr che quelle di cui stavano parlando erano parte delle informazioni riservate che le intelligence americane e inglesi si stavano condividendo.

(Foto: Twitter, @theresa_may)

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