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Guerra, pace e Berlusconi

“Siamo riusciti ad arrivare a questa svolta epocale in cui siamo riusciti a mettere insieme il centrodestra e il centrosinistra ponendo fine a una lunga guerra fredda, ad una guerra civile”.

Silvio Massimo il Pacificatore non teme di sfondare la soglia del buon senso, né quella del ridicolo, e continua a insistere sulla sua nuova epica della pacificazione, nella costante pulsione alla riscrittura della storia e della cronaca.

Ora, mettiamo pure da parte ogni pretesa di rispetto per chi la guerra civile l’ha vissuta davvero e per chi, non avendo la vissuta, avrebbe diritto di non vedere confuso un conflitto sanguinoso con un ventennio di baruffe politiche di retroguardia.

Osservando però i termini della pax berlusconiana, che vedrebbero come punto di caduta una sorta di immunità perenne per lui e l’approvazione di un presidenzialismo abborracciato buono solo a devastare gli equilibri istituzionali della Repubblica, non si può non notare come – più che a una pace – quello che ha in testa Berlusconi somigli tanto a una resa.

Che va anche bene, come modo per chiudere un conflitto, ma almeno chi la pretende dovrebbe prima aver vinto la guerra.

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