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Napolitano riconosca al Cav. diritto di difesa dalle toghe militanti che si attribuì nel caso Mancino!

Scrivemmo 20 giorni fa: don Antonio Esposito unfit a  giudicare il Cav.
Oggi, dopo lo sgub de “Il Giornale” sulle telefonate soft della toga campana (“Se becco il  Cav. gli faccio un mazzo così!”), chiediamo agli illustri direttori Paolino Mieli, “Flebuccio” de Bortoli e “Topolino” Mauro: “È Giudice terzo, egregi colleghi, l’esimio stangator di Silvio come una Vanna Marchi qualunque?”.

Anche voi, cari miei 25 lettori, fedeli e talvolta critici, legittimamente, con il vostro umile scriba non potete negare che, nelle tante, ventennali “carezze” delle Procure e dei tribunali al Cav., vi sia molto di più che il sospetto di una volontà punitiva di tipo politico.
Ha scritto l’amico Giulianone Ferrara, con il quale, spesso, non sono d’accordo : “Durante la Rivoluzione francese, Saint-Just diceva che Re Luigi XVI doveva morire, affinché vivesse la Repubblica. E allora anche i giacobini più sanguinari non si permettevano di considerare “atto dovuto”, con linguaggio da modesti legulei, la decapitazione del loro Arcinemico. Cadeva la lama della ghigliottina, ma non la pretesa di verità politica”.
E oggi Silvio – che le sinistre non sono state in grado, in 20 anni, di rispedire ad Arcore o nella villa di Antigua – dovrebbe, volontariamente, farsi tagliar la testa non da Robespierre, Danton o Saint-Just? Bensì da Vendola– fotografato mentre era attovagliato con la giudice dei suoi processi – da Beppe Grillo, condannato per omicidio colposo plurimo, e da Guglielmo Epifani, uso ad obbedir tacendo prima a De Martino e poi a Craxi, nel vecchio PSI, poi a Del Turco e a Cofferati, nella CGIL, e oggi, nel Pd, a Epifani e a tal Stumpo?

Suvvia, siamo seri, amici! E, soprattutto, obiettivi, non facendoci accecare dall’antiberlusconismo. E concediamo a Berlusconi, alle sue colombe, ai suoi falchi e alle pitonesse il diritto – che Giorgio Napolitano, giustamente, ha rivendicato a se stesso, nella diatriba con Ingroia sulle telefonate, intercettate, con don Nicola Mancino – di combattere, in libertà, una battaglia, politica e di civiltà, contro la piena e incontrollata sottomissione della sinistra alla magistratura combattente, alla logica di potere, che la corporazione delle toghe ha, con ostinazione, voluto affermare in questi drammatici 20 anni, seguiti al crollo, per via giudiziaria e a causa di gravi errori politici, della Prima Repubblica.

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