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La macabra ballata intorno a Priebke

La macabra ballata intorno al cadavere di Erich Priebke è quanto meno indecorosa (ci sentiremmo di aggiungere anche l’aggettivo indegna) per un Paese civile, il cui ordinamento penale si contraddistingue per non confondere la giustizia con la vendetta. Purtroppo la storia la scrivano i vincitori. Così le medesime azioni, se sono compiute dai vinti, diventano crimini di guerra; se ne sono protagonisti i vincitori vengono giudicate come atti di eroismo o alla stregua di brillanti imprese militari, coronate dal successo.

Gli abitanti di Hiroshima e Nagasaki sperimentarono sulla loro pelle l’inizio dell’era atomica. Ma il numero delle vittime accertate in quelle tragiche giornate di agosto, in Giappone, non fu certo maggiore di quello della popolazione civile  (il numero esatto dei morti non si è mai saputo) che perse la vita nel bombardamento alleato di Dresda. Vecchi, donne e bambini inermi furono inseguiti apposta e con cattiveria con ordigni in grado di penetrare e fare strage nei rifugi sotterranei dove avevano cercato riparo e scampo. Nessuno può rivendicare a se stesso l’impunità in un conflitto mondiale che ha massacrato soprattutto le popolazioni civili.

Certo i tedeschi portano su di sé la colpa inemendabile della Shoah: di aver progettato ed attuato – altro che revisionismo o negazionismo! – lo sterminio del popolo della diaspora d’Israele, il cui tratto comune era la fede religiosa essendo ormai da secoli le diverse comunità integrate nei Paesi europei in cui avevano trovato una nuova patria, spesso matrigna ed ostile (le persecuzioni degli ebrei si sono succedute  lungo tutto il corso della storia del Vecchio Continente). A noi non interessa – anche perché non avrebbe più senso farlo adesso – chiedersi se Priebke avesse la possibilità di comportarsi diversamente da come fece in quelle tragiche giornate in cui venne eseguita – come rappresaglia per l’attentato di via Rasella – la strage delle Fosse Ardeatine e se le sue responsabilità fossero giuridicamente più gravi di quelle dell’ufficiale che comandò il bombardamento di Dresda.

Sappiamo soltanto che, nel 1948, in un’epoca ancor più vicina ai fatti, un tribunale di guerra accolse la tesi che fosse Herbert Kappler il solo perseguibile penalmente, in quanto comandante dell’operazione. Del resto, non abbiamo nulla da spartire con l’ideologia nefasta in cui fu educato quel giovane ufficiale nazista, ma troviamo vile accanirsi sul cadavere di un vecchio centenario impedendogli perfino di restituire le sue spoglie mortali alla terra (polvere eri polvere diventerai).

Ancora una volta dobbiamo ammirare la risolutezza con cui gli israeliani liquidarono, all’inizio degli anni ’60,  il caso di Adolf Eichmann, lo squallido “ragioniere” dei campi di sterminio, l’esperto di logistica delle deportazioni. Dopo averlo condannato a morte per impiccagione ne cremarono il cadavere. Caricate le ceneri su di una motonave militare le dispersero nel mare Mediterraneo fuori dalle loro acque territoriali. Poi immersero il secchio, che le aveva contenute più volte, nell’acqua lavandolo con cura perché nessun granello di polvere di quella persona tornasse in territorio israeliano.

Il governo Letta assuma un provvedimento analogo e faccia cessare la scaricabarile in corso su di una cassa da morto. O si trovi un giudice (ce ne sono a bizzeffe) che sia disposto a farsi pubblicità e a procurarsi un facile consenso. E si affidino le ceneri di Priebke ad una delle navi dell’operazione Mare Nostrum perché le riversi nel Canale di Sicilia, in un punto il più lontano possibile da dove fanno naufragio di solito le “carrette della speranza”.  La giustizia degli uomini, per sua natura imperfetta, si è pronunciata su Erich Priebke. Adesso la sola sentenza che conta è quella del “Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola”. Una sentenza destinata a durare per l’eternità.

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