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Quante cose ci dice uno spot, anzi tre

Il principale effetto sul palinsesto de La7, dopo il passaggio da Telecom al Gruppo Cairo, è stato certamente l’aumento del tempo destinato agli spot commerciali. L’esempio più azzeccato di “quante cose ci dice uno spot” che è anche il nome, appunto, di questa rubrica.
Mantenere certi anchor, per dirla all’americana, non si può fare a suon di debiti come faceva Telecom. E se non puoi fare nuovi debiti, devi aumentare i ricavi. Non c’è tanto da sragionare. Ed ecco che col passare dei mesi, come dice Crozza, i programmi sono diventati, quasi, dei pezzi di intrattenimento tra blocchi pubblicitari. In queste settimane che precedono le festività Natalizie, che per alcuni imprenditori sono il momento più importante dell’anno per fare fatturato, gli spot si sono, se possibile, moltiplicati. E mi ha colpito molto notare come alcuni blocchi siano caratterizzati dal fatto che gli ultimi trenta secondi siano suddivisi addirittura in tre passaggi per altrettanti prodotti: La Bonarda dell’Oltrepò Pavese, la patata Selenella, il pesto Biffi. Ecco.
Prodotti di aziende che non si possono probabilmente annoverare tra i big spender della pubblicità. Non possono permettersi 30 secondi con tanto di canovaccio, promessa e giustificazione. Meno che mai un testimonial. Solo un’immagine che mostra prodotto e nome. Uno spot low cost ma pur sempre uno spot TV. Un istante, poco più di un fermo immagine sufficiente, però, a entrare nella testa di tanti consumatori malgrado il sovraffollamento di messaggi e immagini.
In tempo di crisi, dunque, si fa anche economia di tempo. E La7 e Cairo mostrano quella flessibilità e quella capacità commerciale di adattarsi col tempo ai tempi.
Quando il gioco si fa duro perché la domanda cala, occorre stimolarla rimodulando l’offerta, spezzettandola e ricomponendola nella misura e con la cura giusta per ogni cliente. Ci vuole il piglio commerciale per fare di un prodotto tante soluzioni commerciali. E proporsi, proporsi e proporsi. Che scuola che deve essere stata e deve essere tutt’ora, per i commerciali di Cairo, quella di trovare inserzionisti per le tantissime riviste a 1 Euro. E che fatica deve essere stata e deve essere recuperare, poi, montagne di crediti da piccoli importi cadauno.
Ecco! altro che l’Università, i giovani appena usciti da qualche Istituto di Scuola Superiore dovrebbero farsi un anno di esperienza a piazzare spazi commerciali di “Gardenia”. Imparerebbero la vita meglio che nel famigerato “anno di militare a Cuneo”.

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