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Tutte le colpe europee nella crisi turca

Da una parte la promessa europeista, con l’avvicinamento agli standard dell’Europa occidentale in larga parte fallita; dall’altra una sorta di “promessa tradita” da parte di Bruxelles. È la fotografia della crisi turca scattata in una conversazione con Formiche.net dal giornalista Patrizio Nissirio, responsabile di AnsaMed, la sezione dell’agenzia Ansa dedicata all’area euromeditarrenea, autore di “Oúzo amaro. La tragedia greca dalle Olimpiadi al gol di Samaras” (Fazi editore 2012), e “Dettagli americani. Il Paese dietro la bandiera” (Liberal Libri, 2002).

Crisi turca: è finita la fase “europeista” di Erdogan o ci sono ancora margini di ricomposizione?
Vedo una situazione a due facce. Da una parte la promessa europeista, con l’avvicinamento agli standard dell’Europa occidentale che in larga parte è fallita, dal momento che il governo di Ankara ha lavorato su un’agenda diversa rispetto a quella laica e progressista che auspicava l’Europa. Dall’altra c’è anche una sorta di promessa tradita da parte dell’Ue.

In cosa ha sbagliato Bruxelles?
Con tutte le buone cautele e le buone ragioni, se osservassimo i processi di avvicinamento di altri Paesi all’Ue, come quelli balcanici o dell’Europa dell’Est, ci renderemmo conto di una progressione molto più rapida. È il segnale che quando l’Europa ha delle priorità circa il processo di adesione, i tempi sono altri. Con la Turchia sono stati usati argomenti anche inaccettabili, sarebbe stato meglio dire “guardate, non vi vogliamo”, piuttosto che tirarla così per le lunghe.

Con quale risultato?
Che c’è stato un raffreddamento fortissimo dell’opinione pubblica turca rispetto all’adesione: è comunque una sconfitta europea. L’Ue dovrebbe essere una specie di faro che attira i Paesi con la promessa di sviluppo e diritti.

Gezi Park è stato l’inizio della fine di Erdogan?
Lo considero l’epifenomeno di un malessere della Turchia laica. Nel senso che la politica di Erdogan ha, in maniera anche molto astuta, intaccato lentamente la Turchia laica di Kemal. Il Paese, giova ricordarlo, ha un alto livello di scolarizzazione, una presenza femminile nei cda superiore a quella della Germania, istruzione e cosmopolitismo. Adesso questa crisi straordinaria si inserisce nel medesimo solco, erode nell’indipendenza i vari organi dello Stato che erano stati costruiti per mantenere quell’equilibrio laico. C’è stato anche un parlamentare che ha proposto di mettere sotto controllo l’attività della magistratura.

A pochi chilometri dalla crisi turca c’è quella greca: il semestre di presidenza di turno di Atene potrebbe coincidere con una crisi del governo ellenico?
I quotidiani greci rincorrono sempre la notizia di elezioni anticipate e di crisi di governo, direi che l’attuale esecutivo ha resistito molto più di quello che tutti gli osservatori all’epoca delle elezioni prevedevano. Ha portato avanti un programma durissimo con le sofferenze che conosciamo nella popolazione greca, ma ha coerentemente rispettato una serie di obiettivi. Credo che, giunto al semestre di presidenza, il governo, pur con una risicatissima maggioranza di due deputati, dovrebbe resistere.

Solo congetture di stampa allora?
Su questo si armano tutti gli scenari possibili, come l’assenza ieri del leader dell’opposizione Alexis Tsipras all’apertura ufficiale del semestre ad Atene davanti a Josè Manuel Barroso. “Puzza” di campagna elettorale tutto ciò.

L’ottimismo europeo delle ultime settimane, con la Grecia fuori dalla recessione per la prima volta in sei anni, si scontra con i sentimenti negativi di cittadini e imprese. Qual è la verità?
La sfida del governo di Atene sarà di tradurre tali numeri, i più positivi da qualche anno a questa parte, in miglioramenti per il popolo greco che in larga parte versa oggi in condizioni inaudite non solo rispetto all’Europa in generale ma anche rispetto a quei Paesi come Spagna e Portogallo che hanno affrontato memorandum e misure di austerità. Per me è uno choc la questione della legna a ardere che i greci ritornano ad usare in massa nei caminetti perché non possono permettersi il propellente per i riscaldamenti nei condomini. Siamo tornati indietro nel tempo, provocando anche un disastro ambientale. Occorre ripartire da zero.

In che modo?
Magari dal turismo, che la scorsa estate ha fatto registrare numeri record in Grecia.

twitter@FDepalo

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