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La spending review del Pentagono

Questo articolo è ripreso da BloGlobal Opi – Osservatorio di politica internazionale, un portale di analisi e approfondimento sulla realtà politica ed economica internazionale.

Il segretario alla Difesa Chuck Hagel ha reso pubblico il bilancio preventivo, o per meglio dire la spending review, per il Pentagono che prevede ulteriori tagli, seppur non lineari (come invece sarebbe se scattasse il sequester) alle Forze Armate statunitensi a partire dal 2015. Il budget che il Congresso ha riservato alla Difesa ammonta a poco meno di 500 miliardi di dollari. In un’ottica di snellimento e di efficienza, la revisione di spesa pone un forte accento sull’evoluzione tecnologica militare, e quindi sulla qualità, a scapito del numero di uomini, e quindi della quantità. Come ha dichiarato Hagel, per gli Stati Uniti è necessario sostenere “una modernizzazione in funzione delle priorità di lungo termine”.

Nel concreto, la spending review prevede il taglio di oltre settantamila unità dell’Esercito, che così passerebbe da 522.000 effettivi a 450.000. Le attuali undici portaerei dovrebbero restare in servizio ancora per un anno, mentre gli U2 (aerei spia) verranno ritirati e rimpiazzati dai meno costosi droni. Anche l’intera flotta dei caccia A10 verrà ritirata per devolvere ulteriori fondi al progetto dell’F35. Per la Marina dovrebbero essere invece stanziati fondi per la realizzazione di una nuova fregata. Parallelamente alla pubblicazione del bilancio preventivo, il Pentagono e l’amministrazione Obama stanno studiando quale impegno adottare in Afghanistan a seguito del ritiro dalla combat mission entro il 2014.

A fronte dell’indisponibilità del Presidente afghano Hamid Karzai a firmare l’accordo di sicurezza bilaterale, Barack Obama ha prospettato differenti tipi di soluzione, in attesa che la partnership possa essere finalmente conclusa a seguito delle elezioni presidenziali afghane in programma tra un mese. Fatta salva la volontà di Washington di lasciare in Afghanistan un contenuto manipolo di uomini tra i 4.000 e i 10.000 con funzioni di training, mentoring e lotta al terrorismo, la posizione di Karzai ha spinto Obama a prospettare il ritiro totale, come già era accaduto in Iraq. È la cosiddetta “opzione zero”, per cui nessun soldato americano sarebbe dispiegato nemmeno con semplici compiti logistici.

Tale possibilità è stata fatta presente al Presidente afghano dallo stesso Obama in una recente telefonata. È ovvio che qualsiasi risvolto delle trattative per l’accordo bilaterale avrà conseguenze sulla NATO. In occasione del vertice di Bruxelles tra i Ministri della Difesa dell’Alleanza,il segretario generale Anders Fogh Rasmussen ha quindi dichiarato che «se non ci sarà nessun accordo sulla sicurezza non ci saranno nemmeno le condizioni legali per continuare la nostra missione di addestramento e dovremo ritirare tutte le forze entro la fine del 2014»; questa, ha continuato Rasmussen, non è “l’opzione che preferiamo”, invitando Karzai a riflettere sulle implicazioni della sua riluttanza.

Al di là delle questioni di sicurezza, per gli Stati Uniti è stata una settimana importante anche da un punto di vista dell’economia. In un’audizione di fronte al Congresso, la Presidentessa della Fed Janet Yellen ha riaperto alla possibilità di modificare la politica di tapering in caso di un rallentamento della crescita economica e della riduzione del tasso di occupazione. “Se c’è un importante cambiamento nell’outlook”, ha affermato la Yellen, “saremo aperti a un ripensamento. Non voglio però giungere a conclusioni affrettate”. D’altro canto alla Fed stanno volgendo particolare attenzione alla stabilità dei mercati finanziari, dove potrebbero nascere nuove tensioni “in un protratto clima di bassi tassi di interesse”. Infine la Yellen si è mostrata dubbiosa sull’aumento del salario minimo recentemente prospettato da Obama, che potrebbe avere un impatto negativo sull’occupazione.

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