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La Bundesbank e Thomas Mann

Ho sempre sostenuto le buone ragioni della Germania quando chiede di fare i “compiti a casa”. Certo, non mi piace molto che Paesi come la Spagna e l’Italia siano stati definiti “Defizit-Spender” (“peccatori del deficit”). Ma, come è noto, in tedesco “Schuld” significa sia “debito” che “colpa” (anche se per alcuni teologi l’equazione “debito uguale colpa” affonda le sue radici nelle Sacre Scritture del mondo giudaico-cristiano).

Posso dunque capire l’ostinazione con cui il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble si è sempre opposto all’idea di mutualizzare debiti -e rischi- della moneta unica. Tuttavia, come recita un motto popolare, “il troppo stroppia”. Il battello europeo comincia ormai a imbarcare acqua anche dalle parti del Reno, e Mario Draghi non si stanca di lanciare l’allarme. Ma, nonostante la presenza dei socialdemocratici, per il governo della signora Merkel la politica dell’austerità non si tocca neanche di una virgola.

“Noi siamo un popolo dall’anima potentemente tragica, contrario alle cose prosaiche e consuete, e tutto il nostro amore va al destino, un destino pur che sia, magari la rovina che infiamma il cielo con la rossa vampa d’un crepuscolo degli Dei! “. È un passo del “Doctor Faustus” di Thomas Mann, una delle opere fondamentali del Novecento.

Come ha osservato il grande saggista e critico letterario Cesare Garboli, a questa rappresentazione dell’anima tedesca -in termini insieme nibelungici e dionisiaci- deve molto la mitologia del teutonico che si è creata nel corso del tempo.

Si pensi adesso al dogmatismo economico della Deutsche Bundesbank. Difficile vedere in Jens Weidmann la passione del sublime, l’idolatria del destino, le fiamme della catastrofe, il naufragio degli Dei. Facile leggervi, invece, una fredda e inflessibile difesa degli interessi nazionali della Germania, che non esprime nessuna fatalità e nessuna tragedia. Che cosa c’è, infatti, di più “prosaico e consueto”?

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