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Così la Puglia rilancia l’export. Viaggio nel Sud sviluppista/14

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Ancora una volta alcuni indicatori riferiti all’andamento economico del Mezzogiorno confermano che in esso non sono poche le aree produttive che stanno conoscendo un forte rilancio dei loro apparati manifatturieri che hanno superato la fase più acuta della recessione e tornano a competere con una vasta gamma di prodotti sui mercati mondiali.

Viene smentita così la previsione di chi ha ipotizzato un Meridione alle soglie della desertificazione industriale: invece in alcune regioni la realtà – analizzata più da vicino anche con il supporto di dati ufficiali delle strutture preposte all’impiego e alla rendicontazione della spesa dei fondi comunitari del periodo 2007-2014 – è molto diversa e delinea scenari in cui è legittimo coltivare fondate speranze, pur se bisognerà intensificare gli sforzi per consolidare i risultati raggiunti.

E’ il caso della Puglia, il cui apparato di produzione industriale è molto diversificato, con significative presenze di multinazionali ma anche di articolati sistemi di piccole e medie industrie locali, alcune delle quali stanno registrando proprio negli ultimi anni tassi di crescita del loro fatturato oltremodo sostenuti.

Gli ultimi dati pubblicati dal Monitor di Intesa San Paolo sull’export dei distretti italiani riferiti ai primi nove mesi del 2014 hanno evidenziato come le esportazioni di sette distretti manifatturieri della Puglia – meccatronica, abbigliamento e olio e pasta del Barese, mobile imbottito della Murgia, calzature della Bat, calzetterie-abbigliamento del Salento e calzature di Casarano – siano state quasi tutte in crescita nell’arco temporale considerato, con la sola eccezione delle calzetterie salentine in flessione ma solo dello 0,2%.

Molto elevato (+48,5%) è stato l’incremento delle calzature di Casarano – un comparto che invece sembrava distrutto dopo la chiusura della Filanto – mentre le vendite all’estero di safety shoes della Bat (guidate dalla Cofra, azienda leader del settore) sono aumentate fra gennaio e settembre del 2014 del 18%. Olio e pasta del Barese hanno realizzato un incremento del 10,1%, l’abbigliamento della stessa zona del 7,5%, mentre la meccatronica ha registrato un aumento del 2,9% ed anche il mobile imbottito della Murgia, nonostante le complesse vicende della Natuzzi, ha visto aumentare le vendite oltreconfine del 3%.

Insomma le performance sull’estero di molte delle industrie manifatturiere della regione nei primi tre trimestri dello scorso anno sono state apprezzabili, a differenza di quanto accaduto in altri distretti del Mezzogiorno nei quali invece si sono registrate forti flessioni in percentuale. E alla luce dei dati positivi da gennaio a settembre 2014 è attendibile la previsione che anche l’ultimo scorcio dell’anno sia stato positivo, facendo così registrare un incremento alle esportazioni regionali rispetto al 2013.

Sono risultati casuali quelli registrati dal manifatturiero leggero pugliese cui poi bisogna aggiungere l’export siderurgico dell’Ilva di Taranto, quello farmaceutico del Barese e i prodotti aerospaziali di Grottaglie nel Tarantino e di Foggia? Non direi proprio, considerando il massiccio impegno di molti imprenditori – che hanno compreso come non vi sia alternativa ad una presenza aggressiva sui mercati esteri, stante il calo della domanda interna – e le politiche di sostegno all’innovazione e all’export della Regione che hanno consentito a tanti beni prodotti localmente di elevare la loro competitività incorporando miglioramenti tecnologici che hanno inciso sulla loro qualità.

I buoni risultati conseguiti tuttavia non devono appagare coloro che pure li hanno meritoriamente raggiunti; essi infatti dimostrano gli enormi spazi esistenti sui mercati esteri per tante merci pugliesi che bisognerebbe vendere con strutture consortili e di rete, e con crescenti sinergie con Nuovo Ice, Camere di Commercio, associazioni datoriali e banche.

Chi inoltre aveva profetizzato la scomparsa del Tac-tessile-abbigliamento-calzaturiero dovrà ricredersi, perché chi opera nel comparto ha dimostrato di saperlo rinnovare, proprio all’indomani della scomparsa di alcuni big player locali.

Federico Pirro – Università di Bari – Centro studi Confindustria Puglia

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