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Le arie di Renzi

Si dà delle arie Renzi, mentre inaugura Expo. E quelle di Renzi non sono certo le arie bellissime che Bocelli, da Piazza Duomo a Milano, ha cantato per il mondo collegato in eurovisione. Le arie di una tradizione straordinaria che non ci meritiamo.

Renzi si dà le arie perché, inaugurando Expo, pensa di aver vinto una delle sue tante battaglie personali nella guerra contro i gufi, l’immaginario esercito di Tartari che si è fabbricato per costruire la sua linea di governo, da permanente campagna elettorale.

Dopo l’inaugurazione, poi, è andato a farsi battere le mani dai bambini, ripercorrendo il canovaccio delle sue visite ufficiali, come aveva fatto in Sicilia con tanto di canzoncina. Quindi, al padiglione del Nepal. Un tuffo di retorica da far salire i valori di glicemia pure ai nepalesi. I quali, badate bene, non sono tornati in Nepal per via del terremoto che ha colpito il loro paese ma per evitare di finire sotto le macerie dei padiglioni di cemento armato di Expo. Perché, figuratevi se a Expo, con tutta la fretta renziana, sono stati rispettati i tempi necessari perché il cemento armato si asciugasse correttamente.

Renzi si dà delle arie perché pregusta già la retorica con cui intonerà il suo discorso di chiusura della più grande sagra di paese universale con in tasca magari quattro, cinque miliardi di euro di ricavi di ricaduta sul comparto turistico. E, per non correre rischi, da buon paolotto qual è, ha chiesto il sostegno della Chiesa. A Torino, per dire, c’è pure l’Ostensione della Sindone. Il fatto è che quello dei paolotti è un turismo da morti di fame. É il business dell’acqua minerale. E degli alberghi dove nessuno si augurerebbe di dormire.

Renzi si dà delle arie ma la sua retorica che è sempre pronta e tempestiva quando ci sono i flash dorati che illuminano e fotografano il successo di qualcuno o qualcosa che vale la pena intestarsi, non ha tempo, e l’opportunità, per due parole sugli scontri a Milano.

Retorica che inizia a raggiungere livelli di guardia visto che è dal 25 Aprile che ci sorbiamo il dettato del grembiulino e del fiocchetto. Se fossimo un paese più protestante e meno cattolico, dunque non auto assolutorio, ricorderemmo la data del delitto Matteotti piuttosto che quella della liberazione. Sarebbe quello il modo attivo per riflettere e prendere consapevolezza della storia.

Renzi gioca con le parole, con l’oggi e il domani, ma chi non ha intenzione di piegarsi al mainstream che vuole tutti ecologici, agroalimentari ed equosolidali, e che lavora nell’industria o nell’ingegneria di questo paese non sa che farsene. Possibile che é essere contro il paese non riuscire più a sopportare i cibi slow food e i libri di ricette? Possibile che é essere contro il paese essersi stufati di Masterchef?

Expo dovrà discutere di come sfamare il pianeta. Se farlo alla Carlin Petrini o stile Barilla, o ancora via Monsanto. Voi ce li vedete gli africani che pasteggiano Barolo mentre mangiano coniglio in civet?

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