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Come andrà il Giappone. Report Intesa Sanpaolo

La crescita giapponese dovrebbe essere ancora marginalmente negativa nel 3° trimestre, ma dovrebbe riprendersi dal 4° trimestre in poi. La modesta espansione dei consumi, insieme alla stabilizzazione dell’export e a una timida dinamica degli investimenti fissi, dovrebbe proseguire. Il governo dovrebbe annunciare misure di sostegno dopo metà novembre. La BoJ rimane in fase di attesa, anche se l’obiettivo del 2% difficilmente sarà raggiunto entro la fine dell’a.f. 2016. Pertanto, rimane possibile anche un aumento dello stimolo monetario nel 2016, se la dinamica dei prezzi rimarrà sul sentiero attuale. L’economia giapponese dovrebbe tornare su un sentiero di modesta crescita dopo l’ampia contrazione del 2° trimestre. I dati del 3° trimestre però segnalano che il ritmo di espansione prevedibile per la seconda metà dell’anno sarà probabilmente inferiore alle attese. Pertanto rivediamo verso il basso le previsioni per la crescita 2015 e 2016, a 0,6% e 1,2%, rispettivamente.

Una caratteristica dello scenario dell’ultimo biennio è l’aumento del risparmio aggregato, nonostante tassi reali negativi: famiglie che si preparano alla restrizione fiscale, imprese caute per via dell’incertezza della domanda finale, settore pubblico che mira a ridurre il disavanzo per stabilizzare il debito. Nella parte centrale dell’anno, consumi ed esportazioni sono stati i principali freni alla crescita. Dopo le contrazioni registrate nel 2° trimestre, il 3° trimestre dovrebbe vedere una modesta ripresa di entrambe le voci, seguita da espansione moderata nei trimestri successivi, con il sostegno del cambio e del bonus petrolio. Gli investimenti non residenziali restano su un trend debole, nonostante la forte crescita degli utili delle imprese. Il PIL del 3° trimestre dovrebbe essere in marginale contrazione su base trimestrale (dati in pubblicazione il 16/11/2016). Il PIL nel 2015 e nel 2016, nonostante il rallentamento recente, continuerà probabilmente a crescere al di sopra del potenziale, stimato intorno a 0,5% dalla BoJ, portando alla chiusura dell’output gap entro l’inizio del prossimo anno. La politica monetaria per ora è in stand-by. Il continuo spostamento in avanti delle previsioni di raggiungimento dell’obiettivo di inflazione al 2% da parte della BoJ portano però a non escludere ulteriori interventi nei prossimi trimestri.

Nei prossimi mesi si dovrebbe vedere un aumento di stimolo fiscale, in risposta al rallentamento congiunturale recente. Il governo ha annunciato che definirà eventuali misure dopo la pubblicazione del PIL del 3° trimestre, il prossimo 16 novembre, mentre sta lavorando all’attuazione delle riforme strutturali, le cui linee guida sono state annunciate a luglio. Il budget per il prossimo anno fiscale avrà quindi più peso per lo scenario 2016, dopo un anno di relativa neutralità fiscale.

1. Consumi: debolezza transitoria o strutturale? La contrazione della spesa delle famiglie nel 2° trimestre dovrebbe essere transitoria e in parte legata anche a fattori climatici. Le previsioni sui consumi sono influenzate da due elementi di segno opposto, collegati all’evoluzione del reddito: reddito da lavoro, positivo, e reddito permanente, negativo. Sul reddito da lavoro, si registra finalmente un moderato rialzo della dinamica salariale, considerato una condizione necessaria per il proseguimento dell’espansione dei consumi. D’altra parte, però, a partire dal rialzo dell’imposta sui consumi del 2014, le famiglie hanno modificato le decisioni di allocazione del reddito fra spesa e risparmio, riducendo significativamente la propensione al consumo. Questo cambiamento è almeno in parte strutturale, dato che nel 2017 il governo intende attuare il secondo rialzo dell’imposta sui consumi da 8 a 10%. Pertanto, i consumi dovrebbero aumentare a un ritmo modestamente positivo nel 2016, grazie a un mercato del lavoro caratterizzato da eccesso di domanda e al supporto del calo dei prezzi energetici, soggetta però alla cautela collegata all’aspettativa di un nuovo shock fiscale negativo nel 2017. La previsione per il 2016 è una crescita dei consumi di 1,5%, dopo -0,9% atteso nel 2015.

2. Investimenti non residenziali: dispersi. Da fine 2013, l’ampio deprezzamento del cambio si è trasformato in significativo rimbalzo degli utili delle imprese. L’aspettativa di trasferimento di parte della crescita dei profitti in aumenti di salari e investimenti è stata ampiamente disattesa. Solo recentemente si è assistito a una modesta accelerazione dei salari (in seguito anche a forti pressioni politiche da parte del governo). Per quanto riguarda gli investimenti, le imprese hanno continuato a rimanere alla finestra, anche sulla scia della debolezza della domanda internazionale. La produzione industriale ha continuato a calare da inizio 2015 e solo settembre ha dato segnali di ripresa, che puntano a una riaccelerazione della crescita nel 4° trimestre, legata all’aumento dei consumi e alla stabilizzazione della domanda da parte dei paesi emergenti. Anche le indagini segnalano maggiore fiducia nel manifatturiero, che potrebbe tradursi in moderato rialzo degli investimenti nel 2016, frenati comunque dai timori legati al rialzo dell’imposta sui consumi programmato per aprile 2017.

3. Canale estero: il cambio non basta a spingere l’export. Le esportazioni sono calate nel 3° trimestre e dovrebbero tornare a crescere moderatamente nella seconda metà dell’anno, senza però modificare significativamente un trend piuttosto debole. In questo ciclo l’elasticità delle esportazioni al cambio è stata anomala rispetto al passato. Da fine 2012, il cambio effettivo reale si è deprezzato di circa il 35%: il FMI stima che le esportazioni a metà 2015 siano del 20% inferiori al livello che sarebbe stato previsto in presenza del deprezzamento degli ultimi 3 anni . Questo andamento appare dovuto a diversi fattori. 1) Il mantenimento di prezzi all’export circa stabili, con un forte aumento degli utili degli esportatori. 2) Il trasferimento dell’effetto cambio sui prezzi all’export è passato da circa 85% degli anni Ottanta a circa 50% in questo ciclo. Inoltre, i produttori giapponesi avevano esportato la produzione di manufatti durante il periodo di apprezzamento dello yen (2008-11), limitando la possibilità di beneficiare di un successivo deprezzamento. 3) Infine, il diffondersi di “catene di valore globale”, che implica un crescente contenuto di importazioni nei beni prodotti a livello domestico riduce ulteriormente l’elasticità dei prezzi dell’export al cambio. A questi fattori più strutturali si è aggiunto il rallentamento congiunturale dell’Asia emergente, che ha frenato l’export complessivo. Per ora le esportazioni verso gli Stati Uniti hanno compensato in gran parte la debolezza di quelle cinesi; la stabilizzazione della crescita in Cina e nell’Asia emergente dovrebbe permettere un recupero moderato dell’export complessivo.

4. Politica fiscale: maggiore interventismo nel 2016. Dopo un anno di pausa, il governo rispolvera le “frecce” di Abenomics. Il rinvio della seconda tranche del rialzo dell’imposta sui consumi era stato accompagnato dall’impegno a pubblicare entro giugno 2015 le linee guida per le riforme economiche e fiscali per l’a.f. 2016. Il piano fiscale ha al centro la sostenibilità della crescita come pre-requisito per le riforme e per il consolidamento fiscale. Il Cabinet Office identifica2 elenca una lunga serie di riforme per aumentare la crescita potenziale (per es. istruzione, mercato del lavoro, piccole e medie imprese), e sposta l’obiettivo per il contenimento della spesa sui sussidi agli enti locali (circa 15 tln di yen su un totale di spesa di 99 tln di yen), sulla previdenza e sulla sanità. Dal lato delle entrate, il piano esclude aumenti di imposte a parte quello dell’imposta sui consumi previsto per aprile 2017. E’ ancora da vedere se il governo riuscirà ad attuare le riforme delineate nel documento di giugno. Per il momento comunque il Primo Ministro si è impegnato a implementare misure espansive se i dati del PIL del 3° trimestre saranno deboli. Alla luce delle informazioni disponibili, la crescita in estate dovrebbe essere stata marginalmente negativa (-0,1% t/t), rendendo probabile l’annuncio di aumenti di spesa pubblica per l’a.f. 2016.

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