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Vi spiego le strategie della Fed di Yellen

Il FOMC la scorsa settimana ha votato all’unanimità un rialzo dell’intervallo obiettivo per il tasso dei fed funds di 25pb, a 0,25-0,50%, e ha indicato di voler mantenere in atto la politica di reinvestimento delle scadenze del proprio portafoglio fino a quando la normalizzazione dei tassi non sarà “ben avviata”. La Fed vuole rimuovere lo stimolo attraverso rialzi dei tassi, mentre determina qual è il livello desiderato del bilancio nel nuovo regime di politica monetaria. Le questioni operative riguardo all’attuazione della svolta sono descritte in una nota di implementazione separata.

Il Comitato ritiene che ci sia stato “considerevole miglioramento” nelle condizioni del mercato del lavoro quest’anno ed è “ragionevolmente fiducioso” che l’inflazione salga verso il 2% nel medio termine.

La svolta avviene in seguito a una valutazione di rischi “bilanciati” e di politica monetaria accomodante anche dopo la decisione di rialzo dei tassi. Inoltre, il Comitato ritiene probabile che il tasso sui fed funds rimarrà “per un certo tempo” sotto il livello di equilibrio.

La tempistica e le dimensioni degli aggiustamenti futuri dipenderanno dalle “condizioni realizzate e attese rispetto ai due obiettivi” del mandato della Fed. In particolare però, vista la distanza dell’inflazione dall’obiettivo, la Fed sottolinea che “monitorerà attentamente il progresso effettivo e atteso verso l’obiettivo di inflazione”.

La previsione del FOMC è che le condizioni dell’economia evolveranno in modo da determinare “aumenti solo graduali” del tasso dei fed funds, che dovrebbe restare “per un certo tempo” sotto il livello di lungo termine. Tuttavia si sottolinea che “il sentiero effettivo del tasso sui fed funds dipenderà dallo scenario economico determinato dai dati in arrivo”.

L’esito della riunione è in gran parte in linea con le attese: rialzi probabilmente graduali e determinati dai dati, focus sull’inflazione, mancanza di guidance “meccanica”. Sul sentiero dei tassi indicato dal grafico a punti, però non c’è revisione verso il basso del punto di arrivo e negli anni precedenti si registra uno spostamento verso il basso nel 2017: lungo tutta la curva dei punti c’è però maggiore convergenza, con i falchi più allineati al centro.

Le proiezioni della Fed restano al di sopra di quelle del mercato: il sentiero atteso dell’inflazione e l’estensione dei reinvestimenti ci fa prevedere 3-4 rialzi nel 2016, in linea con le indicazioni del FOMC.

Le informazioni di comunicato, proiezioni, testo di apertura della conferenza stampa e risposte di Yellen sono in alcune parti in linea con le attese, in altre no. In parte questo è un rialzo dovish, mitigato da diverse qualificazioni di grande cautela, ma alcune delle previsioni più prudenziali sono state disattese, in particolare sulla riduzione del punto di arrivo delle proiezioni e sul numero di rialzi nel 2016, rimasti invariati rispetto a quanto visto a settembre. I punti principali che emergono dalla riunione riguardano 1) le condizioni che determineranno i singoli rialzi, 2) il sentiero complessivo dei tassi e 3) la politica del bilancio.

1. Condizioni per i rialzi. Finora la funzione di reazione della Fed era piuttosto chiara, perchè era definita in termini di condizioni per il primo rialzo. Il comunicato ripeteva che erano richiesti ulteriori miglioramenti delle condizioni del mercato del lavoro e ragionevole fiducia nel ritorno dell’inflazione al 2% nel medio termine. Qui il ruolo principale era quello del mercato del lavoro. Qual è la condizione che determinerà il prossimo rialzo, e quelli successivi? Il FOMC ribadisce che non intende seguire una regola meccanica e predeterminata (il famoso measured pace: rialzi regolari a intervalli regolari). In termini generali, la risposta a questa domanda è nella frase secondo cui si “monitorerà attentamente il progresso effettivo e atteso dell’inflazione verso l’obiettivo”.

Dal punto di vista pratico, cosa significa? La Fed dovrà vedere effettivi rialzi dell’inflazione per decidere il prossimo rialzo dei tassi. La base del ragionamento è la seguente: la crescita è sopra il potenziale, la politica monetaria resta accomodante, quindi l’ulteriore riduzione di risorse inutilizzate dovrebbe mettere pressioni verso l’alto sui prezzi. Se ciò non avvenisse, l’intero impianto teorico su cui la Fed fonda la propria strategia sarebbe messo in dubbio e sarebbe richiesta una risposta diversa da quella indicata nelle proiezioni di dicembre. Il rialzo dell’inflazione dovrebbe manifestarsi anche grazie all’eliminazione dei freni transitori degli ultimi due anni, dollaro e petrolio. A una domanda che metteva in dubbio la transitorietà degli shock negativi all’inflazione legati a energia e dollaro, alla luce dell’ennesima ripresa del trend negativo del prezzo del petrolio, Yellen ha risposto affermando che per vedere risalire l’inflazione è sufficiente che dollaro e/o petrolio si stabilizzino e smettano di registrare variazioni ampie, verso il basso per il petrolio, verso l’alto per il dollaro. In particolare, per il petrolio Yellen ha sottolineato che c’è un limite a quanto in basso il prezzo può scendere e che lo scenario è comunque almeno di stabilizzazione.

Nel quadro teorico di Yellen, rialzi dell’inflazione testimonieranno che la politica monetaria è ancora accomodante e che le risorse inutilizzate si stanno ulteriormente riducendo. Ma, se la Fed vuole vedere salire i prezzi e registrare eccesso di domanda nel mercato del lavoro e in quello dei beni e servizi, perchè alza i tassi e riduce lo stimolo monetario? A questa domanda Yellen ha risposto citando i ritardi lunghi e variabili con cui agisce la politica monetaria e indicando che rialzi troppo tardivi potrebbero essere controproducenti, generando la necessità di intervenire bruscamente, uccidendo la ripresa, come avvenuto altre volte in passato. Yellen ha citato il detto secondo cui “le riprese non muoiono di vecchiaia”, ma vengono interrotte dalla necessità di ridurre eccessi di inflazione con recessioni indotte dalla restrizione monetaria: per evitare queste circostanze, particolarmente rischiose in un regime di tassi molto vicini a zero, il FOMC vuole mettere il sistema in sicurezza, garantendo per quanto possibile un sentiero graduale e compatibile con il proseguimento di una crescita moderata senza eccessivo surriscaldamento.

Operativamente, quando dobbiamo aspettarci il prossimo rialzo? Il FOMC probabilmente salterà la riunione di gennaio per vedere la risposta delle condizioni finanziarie alla svolta. Per quanto riguarda i dati macro, sarà importante vedere conferma della previsione di proseguimento della crescita nei servizi e qualche segnale di stabilizzazione nel manifatturiero. Più di tutto, sarà rilevante vedere se il ritmo di variazione dei prezzi continua a essere stabilmente superiore a 0,1% m/m e se le pressioni da petrolio/dollaro si ridurranno. Entro i primi mesi del 2016 dovrebbe anche essere eliminata una parte del differenziale fra CPI e deflatore dovuto ai prezzi dei servizi sanitari, con un rialzo della dinamica annua del deflatore di 0,1-0,2pp. Con queste condizioni, e un mercato del lavoro sempre solido, il prossimo rialzo potrebbe avvenire fra marzo e maggio. A nostro avviso, proprio perchè è indispensabile evitare surriscaldamento, il secondo rialzo dovrebbe avvenire prima della fine del 2° trimestre, se la ripresa prosegue come atteso.

2. Sentiero dei tassi. Per quanto riguarda il sentiero complessivo dei tassi, cioè il ritmo e il punto di arrivo, Yellen ha sottolineato che, pur nell’aspettativa di gradualità dei rialzi, difficilmente l’economia si evolverà in modo da richiedere incrementi dei tassi di dimensioni regolari attuati con intervalli regolari. Ex-ante è difficile, proprio per questa dipendenza dall’evoluzione dei dati, prevedere la tempistica dei rialzi successivi. Le proiezioni incluse nel grafico a punti danno alcune informazioni rilevanti. Prima di tutto anche se la mediana delle proiezioni non si è mossa rispetto a settembre sul 2016 e anche se è scesa nel 2017, se si guarda la distribuzione dei punti a ogni data si rileva che i più falchi hanno rivisto verso il basso le loro proiezioni, generando una convergenza verso il basso delle nuvole di punti sulle diverse date. Questa considerazione vale anche per il punto di arrivo dei tassi: c’è maggiore consenso sul sentiero identificato dalla mediana rispetto a prima.

3. Politica del bilancio. Un commento a sé merita la questione del bilancio. Il FOMC ha dedicato spazio minimo all’argomento affermando solo che il reinvestimento proseguirà fino a quando la svolta dei tassi sarà ben avviata. Nella conferenza stampa Yellen ha indicato che il Comitato sta discutendo quale debba essere la dimensione del bilancio a regime e ha segnalato che probabilmente, a normalizzazione conclusa, la dimensione sarà maggiore rispetto alla norma pre-grande recessione. Sull’argomento però attualmente ci sono lavori in corso. Un corollario relativo alla gestione del bilancio è che la Fed sembra preferire l’uso della leva dei tassi per ridurre los timolo monetario rispetto a quella del bilancio, che ha effetti più incerti. Yellen ha ripetuto più volte che il Comitato vorrebbe riportare il livello dei rassi verso l’alto in modo da aver margini di manovra “tradizionali” in caso ci fosse la necessità di attuare nuovamente interventi contro-ciclici.

4. Conclusioni. La Fed ha attuato un rialzo semi-dovish. È dovish nel senso che si sottolinea l’attento monitoraggio dell’inflazione(in caso non si vedesse il previsto rialzo dell’inflazione effettiva attesa ci sarebbe una pausa di ripensamento) e si prosegue a oltranza con la politica di reinvestimento delle scadenze. Non è totalmente dovish nel senso che si mantiene la previsione di 3-4 rialzi dei tassi nel 2016 e di altri 4 rialzi nel 2017, pur in presenza di una limatura marginale delle proiezioni di inflazione per il 2016; inoltre si ribadisce la volontà di non essere in ritardi nell’attuare i rialzi. La qualificazione di rialzi probabilmente “graduali” è totalmente in linea con le attese. I verbali in pubblicazione tra tre settimane daranno maggiori informazioni sul dibattito relativo alle condizioni per i prossimi rialzi. Per ora concludiamo rilevando che, come atteso, nel 2016 la chiave per le previsioni di politica monetaria è l’inflazione attesa e realizzata. Prevediamo che il proseguimento delle variazioni mensili mediamente vicine a +0,15% per il deflatore core dovrebbero aprire la strada a un secondo rialzo nel 2° semestre.

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