Skip to main content

Vi racconto la fuga dei cristiani dal Medio Oriente in fiamme. Parla padre Hijazen

Padre Faysal Hijazen, giordano, è il direttore delle scuole del Patriarcato latino di Gerusalemme, la cui rete si estende su buona parte del territorio della diocesi: Israele, Palestina e Giordania. In Israele ci sono 3 scuole e 5 asili, per un totale 2.700 alunni. Quattordici scuole e altrettanti asili, con 6.200 allievi si trovano nei territori palestinesi (Gaza compresa). La Giordania è il Paese che ha i numeri più grandi: circa diecimila alunni, in 25 scuole e altrettanti asili. Parlando con Formiche.net, Hijazen parte da un dato: la fuga dei cristiani dal Medio Oriente, lacerato dalle varie guerre intraislamiche, e i timori per la sicurezza nella terra in cui Gesù Cristo nacque e predicò.

“La situazione nel Medio Oriente è terribile, è insopportabile, in particolar modo in Siria ed in Iraq. È in atto un esodo di massa dei cristiani. In Israele, la situazione è un po’ differente. È vero, però, che anche in questo caso si può parlare di fuga, tra le 60 e le 80 famiglie se ne sono andate, perché c’è una diffusa disperazione. Anche se non c’è una vera e propria guerra, il problema della sicurezza è molto sentito. I cristiani partono perché la pace in Terra Santa non si realizza, e ogni giorno uno o due palestinesi muoiono (la cosiddetta Intifada dei coltelli, ndr). In ogni città tutti i martedì e i venerdì ci sono manifestazioni. Le persone vivono nella paura. Senza considerare gli incidenti provocati dai fondamentalisti ebrei contro le chiese ed i cimiteri cristiani. Ce n’è stato uno, recente, al cimitero di Beit Jemal, dove le croci sono state divelte e spezzate. Un altro episodio si è verificato al Dominus Flevit. Nel 2015 ci sono state varie situazioni di questo tipo, una su tutte a Tabgh, dove un incendio doloso è stato appiccato contro la chiesa costruita nel luogo dove Gesù ha compiuto la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Insomma, le persone, per tutti questi motivi, vivono nell’insicurezza. Un altro fattore è determinato dal fatto che tutti vedono quello che sta succedendo in Siria ed in Iraq e questo porta ad avere dei dubbi riguardo al proprio futuro e a quello dei propri figli”.

A complicare i rapporti tra i cristiani e lo Stato d’Israele è intervenuta l’intesa raggiunta tra il Vaticano e l’Autorità Palestinese. Il pre-accordo è stato siglato nel giugno del 2015, l’accordo bilaterale vero e proprio è entrato in vigore a gennaio 2016 e “ha lo scopo di favorire la vita e l`attività della Chiesa cattolica e il suo riconoscimento a livello giuridico, anche per un suo più efficace servizio alla società”. Nel testo si esprime l’auspicio per una soluzione della questione palestinese secondo la formula dei due Stati, sollecitando un impegno più convinto a favore della pace. A questo aspetto si aggiungono altri capitoli sulla libertà religiosa e di coscienza, oltre che su giurisdizione, luoghi di culto, mezzi di comunicazione sociale, questioni fiscali e di proprietà. “Il trattato tra il Vaticano e l’Autorità Palestinese”, prosegue Faysal, “è stato bene accolto a Ramallah, con cui i nostri rapporti sono ottimi. Non è piaciuto affatto, invece, ad Israele, con il quale non abbiamo ancora stipulato una simile intesa bilaterale. I nostri rapporti con lo Stato israeliano sono neutri, né positivi né negativi, anche se ci sono state delle tensioni proprio riguardo al ruolo e allo statuto delle nostre scuole”.

Faysal si riferisce ai tagli, in vigore dal 2013, operati dal governo di Gerusalemme, che avrebbero danneggiato le scuole cristiane. Una situazione che ha portato nel settembre 2015 insegnanti, religiosi, genitori e alunni a scendere in piazza contro le restrizioni di bilancio. Gli scioperi di protesta sono durati tre settimane, prima che il governo di Benjamin Netanyahu approvasse un nuovo piano economico, con un budget modificato. “Esiste un comitato”, spiega Hijazen, “formato dal Ministero dell’Educazione israeliano e dal Segretariato delle scuole cattoliche. I negoziati stanno avanzando: l’obiettivo è quello di arrivare a chiarire lo statuto delle nostre scuole, in modo da avere una piena riconoscenza. Ne guadagnerebbe tutta la società, perché i nostri istituti hanno una missione che riguarda i cristiani ed una, ancora più grande, per l’intera comunità. Le scuole funzionano in collaborazione con una parrocchia, ma accolgono sia cristiani sia musulmani, e si rivolgono soprattutto ai più poveri. Si imparano valori come il rispetto e l’apertura nei confronti del prossimo”.

D’altronde, cristiani e musulmani si trovano a fianco a fianco in un dramma storico innescato dai conflitti in Siria e in Iraq. I rifugiati siriani stanno per raggiungere quota cinque milioni (senza contare gli sfollati, ossia quelli che hanno dovuto lasciare la propria casa, ma non il Paese, che arrivano a sette milioni). La maggior parte di loro è islamica, ma nei campi si trovano a convivere con i profughi di religione cristiana. Hjjazen spiega che le scuole del Patriarcato Latino accolgono i rifugiati, al di là di ogni credo: “In Giordania moltissimi profughi sono musulmani, mentre in Libano c’è un buon numero di rifugiati cristiani. Le nostre scuole sono attive nell’accoglienza. Io parlo soprattutto della Giordania, il Paese in cui siamo più presenti. Qui ci sono dei profughi iracheni, cristiani, che vivono nelle nostre parrocchie. Le scuole poi, come ho detto, sono a disposizione di tutti. Ad esempio, in Giordania ci sono dei siriani di religione islamica che non vivono nei campi, ma nelle città e nei villaggi. Ecco, loro nel pomeriggio vengono nelle nostre scuole”.

Exit mobile version