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Perché occorre fare muro contro il muro del Brennero

Nelle stesse ore in cui l’Austria faceva i conti con la volontà dei suoi elettori, che hanno appena assegnato il primo posto della corsa presidenziale all’ingegner Norbert Hofer, leader del partito più favorevole alla costruzione della barriera anti-immigrati al Brennero, il presidente americano Obama citava Papa Francesco: “I muri non servono”. Lo faceva dall’incontro di Hannover, accompagnato e sostenuto dai leader dei quattro principali Paesi d’Europa, Germania, Francia, Gran Bretagna e ovviamente Italia. Il voto di Vienna da una parte, il vertice del G5 dall’altra: due facce dello stesso Occidente. Due modi e mondi opposti di affrontare il dramma di quanti lasciano la loro terra richiamati dalla prosperità, dalla protezione, dalla suggestione della vecchia Europa.

Il muro o il ponte, la chiusura delle frontiere -come sull’onda della destra austriaca più radicale reclamano anche altri Stati e movimenti populisti dell’Unione-, oppure un’accoglienza civile e rigorosa, cioè controllata e concordata. La paura che respinge e rinchiude oppure la lungimiranza di una politica coraggiosa, capace di regolare il fenomeno e di risolvere il problema: perché l’immigrazione è oggi percepita come l’insidia maggiore dai cittadini, e i governi devono dare una risposta convincente e duratura.

Tuttavia, una cosa è salvare la gente e distribuirla fra tutti i ventotto Paesi con programmi mirati all’insegna di una solidarietà condivisa. Altra è sbattere la porta di casa sul naso dei disperati che arrivano, quasi fossero il nemico alle porte, anziché un povero esercito spesso di senza patria, affamato e sconvolto da guerre. Che chiede solo conforto.

Ma la Merkel, Hollande, Cameron e il nostro Renzi rappresentano le nazioni più potenti, ricche e popolate dell’Unione. Non possono limitarsi a citare il Papa, sia pure per interposto Obama. Non possono “deprecare” a parole il miope anacronismo degli austriaci o di chiunque, nel continente, pensi di affrontare le migrazioni coi poliziotti di guardia e i cani lupo al confine. Essere forti coi deboli, che tristezza. L’Europa di Schengen, dell’Erasmus e dell’euro, l’Europa che s’è costruita su un ideale di libertà e su un’idea di pace, non può accettare che una parte di sé, oltretutto la più piccola, remi nella direzione opposta. È ora di fare muro contro il muro. È il momento di un’iniziativa politica inequivocabile contro chi sta dimenticando l’essenza dell’umanesimo: le nostre radici.

Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com

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