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Cosa ha detto Matteo Renzi nella Basilicata No Triv

Piove. Non smette per un secondo. Ma per strada c’è il pienone. Arriva Matteo Renzi che porta in dote un assegno di 28 milioni per far diventare il sogno di capitale europea della cultura un po’ più reale. Arriva il presidente del Consiglio che più che altrove, in Basilicata, divide l’opinione pubblica. Basti ricordare che il quorum al Referendum sulle trivelle in mare solo in terra lucana è stato raggiunto.

Sono meno di un centinaio quelli che manifestano il proprio dissenso al leader del governo. Oltre, naturalmente a tutto il parterre della Sinistra italiana guidato da due parlamentari lucani.

Passano i minuti e la pioggia continua a bagnare i Sassi e tutto il resto. Intanto Renzi, poco dopo le 17, è dentro il Teatro Duni. In piedi decine di fasce tricolori. Il governatore lucano Pd, Marcello Pittella, non riesce a dissimulare l’orgoglio per essere finalmente riuscito a portare Renzi nella regione del petrolio e della Fiat contro il forte sentimento no triv pur presente tra frange dei democrat lucani e rafforzato dalle inchieste giudiziarie di Tempa Rossa e Viggiano.

Dopo aver incassato colpi più o meno leciti, nelle scorse settimane, per i renziani è il momento della controffensiva. Il premier insieme a Pittella firma il Patto per la Basilicata. In arrivo soldi per investimenti nelle infrastrutture, in turismo e in cultura. Renzi fa il suo. Ovviamente riceve la promessa che al Referendum di ottobre sulle Riforme Costituzionale la Basilicata (almeno quella targata Pd) non remerà contro. Pittella ammonisce in tal senso dal palco del Duni. Poi la scena è tutta per il presidente del Consiglio.

Il premier rispolvera la teoria dei sabotatori, dei pessimisti e di chi non rischia: “Noi le cose diciamo che vogliamo cambiarle e poi lo facciamo. Ma questo è rischioso”. E quindi ancora: “E’ facile contestare. Ma chi fischia di certo non cambia in meglio l’Italia”.

Matteo Renzi gonfia il petto e presenta il “Patto per la Basilicata”. Si tratta di un piano di investimento complessivo di circa quattro miliardi di euro, di cui 2,2 miliardi di risorse già disponibili per il primo biennio. L’accordo prevede, si è appreso, “l’attuazione degli interventi prioritari e la individuazione delle aree di intervento strategiche per il territorio”.

Nello specifico sono stati concordati tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Regione Basilicata 5 priorità di interventi che andrebbero a potenziare le infrastrutture (con circa 1,83 miliardi di euro), l’ambiente (con circa 953 milioni), lo sviluppo economico e produttivo (si parla di circa 424 milioni), il turismo e la cultura (con 308 milioni) e il welfare e la legalità (prevista una spesa pari a 278 milioni).

In oltre mezz’ora Renzi tocca diversi argomenti. Evita di parlare di petrolio in maniera diretta. Ma torna sulla questione giudiziaria. Non attacca la magistratura. Ma chiede tempi rapidi ed efficienza: “Combattere senza pietà la corruzione vuol dire portare a processo chi è colpevole. Non vuol dire “sono tutti uguali, rubano tutti”. Chi lo dice fa un favore ai ladri che vanno portati nelle patrie galere, non devono restare a piede libero”. Il suo è un discorso a ruota libera. Parla del problema dell’immigrazione e di come l’Italia abbia il dovere di essere coerente con la propria storia millenaria di attenzione al prossimo. E ancora sulla centralità del Mediterraneo con un nuovo assist locale: “Grazie alla Fiat di Melfi si regge tutto il sistema portuale del Mezzogiorno”. C’è anche il tempo per un botta e risposta con una docente sulla riforma della scuola che parlava di umiliazione dei precari. La replica del premier è netta a difesa dell’operato del Governo e di attacco a “chi negli ultimi 20 anni non ha investito sul sistema formativo e sulla cultura”. E quindi vai di nuovo con i numeri degli investimenti previsti da Franceschini con oltre due miliardi per il settore.

Per il resto non cita mai (o quasi) i politici che lo hanno preceduto al governo. Tranne Spadolini che diventa per alcuni minuti una sorta di manifesto di quello che erano i Sassi di Matera (una vergogna per usare le parole stesse di allora) e di quello che sono e devono ancora diventare per portare la Basilicata, il Sud e l’Italia al centro dell’Europa entro il 2019. Spadolini è stato, infatti, il presidente del Consiglio che all’inizio degli anni ’80 firmò il rilancio della città oggi designata capitale europea della cultura.

Alla fine c’è il siparietto delle firme. Renzi e Pittella, seduti a un banchetto a firmare il Patto composto da una decina di pagine, si sfidano a chi guadagna la poltrona più a sinistra tra una battuta e l’altra. Poi non resta che chiudere il sipario.

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