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Carige, ecco le ultime sportellate di Vittorio Malacalza

Non c’è pace per Banca Carige. Continuano senza sosta, con nuovi protagonisti, gli scontri e le tensioni ai vertici che ormai da anni agitano l’istituto di credito genovese. L’ultima battaglia è quella che si sta combattendo tra l’azionista e vicepresidente, :Vittorio Malacalza, e l’amministratore delegato, Guido Bastianini.

LA LETTERA

Dopo un precedente consiglio di amministrazione infuocato, di cui erano giunte indiscrezioni a mezzo stampa che raccontavano di tensioni tra Malacalza e Bastianini, nel nuovo cda del 30 maggio il vicepresidente e socio forte si è presentato con in mano una lettera di sfiducia vera e propria. Della missiva è stata data notizia la stessa sera tramite un comunicato stampa di Carige: “I componenti del cda e del collegio sindacale” hanno ricevuto una comunicazione di Malacalza con la quale questi “esprime critiche all’operato dell’ad e del cfo (il direttore finanziario, Arturo Betunio, ndr), che lo portano a rivedere il proprio rapporto di fiducia con l’ad e a non condividere più gli indirizzi di gestione che vengono attualmente espressi. Per questo motivo il vicepresidente ha sottoposto le sue considerazioni all’esame del cda, preannunciando che, ove la propria posizione non fosse ampiamente condivisa dal consiglio stesso, riterrà opportuno dimettersi dai propri incarichi di vicepresidente e di amministratore della banca”. Il cda di Carige ha quindi rinviato la discussione sulla questione a una riunione convocata per il 9 giugno, che fin da ora si preannuncia infuocata, anche perché non sembrano scontate le dimissioni di Bastianini.

I MOTIVI DELLA DISCORDIA

I motivi della discordia sono molteplici e articolati, ma riassumibili così: Vittorio Malacalza, che ha in portafoglio il 17,6% della banca, non intende ridimensionarsi nell’azionariato. Proprio per questo motivo, vede come il fumo negli occhi la conversione in azioni delle obbligazioni subordinate da 160 milioni in parte in mano alle Assicurazioni Generali, che invece l’ad Bastianini sarebbe orientato a portare avanti nell’ottica di ridurre al minimo l’aumento di capitale per ora fissato a 450 milioni (ma non è escluso possa salire, dietro il pressing della Bce). Con la conversione, che tra l’altro non sembra andare particolarmente a genio nemmeno alle Generali, il principale socio si diluirebbe fortemente. Tra i temi che hanno provocato lo scontro tra Malacalza e l’ad anche i tempi di attuazione del piano industriale e la costituzione della società-veicolo in cui dovrebbe confluire la seconda tranche di crediti deteriorati (npl) da 2,4 miliardi di euro. Tra l’altro, si registrano tensioni anche sul prezzo di vendita degli stessi npl: Malacalza lo vorrebbe il più alto possibile, così da contenere al massimo la ricapitalizzazione; mentre Bastianini, nell’ansia di vendere come da richieste della Bce (che da tempo marca stretta Carige), deve sottostare ai prezzi (molto bassi) imposti dal mercato.

I PRECEDENTI

Non è la prima volta che l’azionista Malacalza, da quando nel maggio 2015 è entrato in Carige, decide di sfiduciare i vertici della banca. Era già successo nel febbraio del 2016, quando aveva deciso di “cacciare” l’ex ad Piero Montani e l’ex presidente Cesare Castelbarco, per poi nominare, poco dopo, proprio Bastianini e il presidente Giuseppe Tesauro. Montani e Castelbarco sono anche i destinatari, insieme con l’ex presidente Giovanni Berneschi, di una azione di responsabilità da poco varata dall’assemblea dell’istituto genovese. Malacalza contro tutti, si potrebbe quasi dire. Adesso lo scontro si è spostato al prossimo cda del 9 giugno. Se Bastianini, alla fine, deciderà di farsi da parte, circolano già due nomi per la sua sostituzione: Francesco Iorio, reduce dall’esperienza alla Popolare di Vicenza, e Roberto Nicastro, già presidente delle quattro banche Etruria, Marche, Carichieti e Cariferrara.

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