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Alla Lega dico: chiudete i covi e aprite le moschee

moschee

Il secolo scorso alcuni colonizzatori francesi in Algeria avevano offerto a uno dei nostri maestri spirituali, lo shaykh Ahmad al-‘Alawi, di chiudere tutte le sale di preghiera e di invocazione spirituale delle confraternite islamiche differenti dalla sua in cambio del suo appoggio politico ai colonizzatori. Pensavano così di corromperlo concedendogli il favore di rimanere in esclusiva il depositario della rappresentanza spirituale e pubblica della comunità islamica. Il maestro musulmano disse ai suoi interlocutori di chiudere invece proprio le sue, di moschee, perché i suoi discepoli avrebbero coltivato il santo ricordo di Dio nei loro cuori mentre le moschee servono aperte per favorire il processo di pacificazione interiore ed esteriore dei musulmani sinceri e semplici.

La chiusura delle moschee sembrava allora essere oggetto di una propaganda di potere coloniale e il riconoscimento dell’Islam tra le confessioni religiose d’Italia sembra oggi condizionato alla propaganda del baratto con il diritto alla sicurezza internazionale e la lotta alla criminalità. Le dichiarazioni odierne del vice premier Matteo Salvini riescono invece a chiarire che la libertà religiosa non va confusa con la lotta all’estremismo che strumentalizza una forma religiosa. Di questa prospettiva, già condivisa nel nostro servizio istituzionale ai precedenti ministri dell’Interno, non possiamo che rallegrarci, sia come cittadini italiani sia come musulmani.

Pochi anni fa, il Regno del Marocco ha promosso a Marrakesh una dichiarazione e un congresso di saggi, teologi e rappresentanti istituzionali musulmani che hanno rinnovato il principio della libertà religiosa e della protezione dei luoghi di culto di ogni religione, sinagoghe, chiese, moschee, cimiteri, monasteri “dove si invoca il Nome di Dio”, dove si condannano gli sciacalli e i criminali che distruggono i simboli della scienza sacra e della pratica rituale di ogni comunità religiosa.

Sempre in Marocco, nella città santa di Fes, è partita nel 2015, l’iniziativa dell’ufficio delle Nazioni Unite che ci ha coinvolto insieme ai leader religiosi internazionali nel piano di azione tuttora in corso per la prevenzione del radicalismo e dei discorsi di odio. A dimostrazione che la lotta all’estremismo è interesse anche dei leader religiosi che vedono doppiamente profanata la propria cultura di vita, con la strumentalizzazione della propria religione come criminalità organizzata, e con una rivoluzione ideologica che vuole imporre formalismo e totalitarismo, senza alcun valore di sensibilità e intelligenza.

La difesa del valore del pluralismo religioso e dell’identità sociale del contesto occidentale, compresa la laicità dello Stato, sono le coordinate di sviluppo dell’Islam Europeo, ecumenico e interculturale, senza ghetti, né covi. Ben venga dunque il rigore per l’ambiguità di centri che si prestano all’indottrinamento eversivo. A questa sensibilità si accompagni anche un percorso altrettanto virtuoso e costruttivo di orientamento sulle qualificazioni dei responsabili nella gestione delle moschee aperte e da aprire. La soluzione non può essere solo chiudere o aprire le moschee ma favorire un processo di responsabilità che porti alla maturazione di un interlocutore responsabile e riconosciuto nella gestione del pluralismo dell’Islam Italiano.



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