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I big three, la partita del gas, e i dubbi che agitano l’Europa

Di Robin Mills e Maryam Salman
gas

L’insicurezza energetica in Europa deriva da una mancanza di integrazione dei suoi mercati energetici meridionali e orientali; da una produzione di gas in declino che si traduce in una quota più elevata di gas importato e infine da una dipendenza molto forte dalle forniture russe. Il Nord Africa è stato visto spesso come il terzo corridoio critico per gli import europei di gas, accanto a quello russo e norvegese.

Tuttavia, la stabilità politica e le risorse presenti nella regione sono tali da consentirle di giocare un ruolo nella diversificazione delle forniture energetiche del continente? I Paesi del Nord Africa possono vantare ingenti riserve di gas: Algeria e Libia arrivano a esportare fino a 40 miliardi di metri cubi di gas l’anno verso l’Ue. L’Egitto in passato è stato un importante esportatore di Gas naturale liquefatto (Gnl) e potrebbe di nuovo diventare un hub per le forniture di gas del Mediterraneo orientale.

Per attori come Marocco e Tunisia, la produzione è rimasta modesta e gli investimenti in esplorazione locale saranno probabilmente destinati a far fronte alla domanda domestica. La praticabilità di maggiori forniture dai big three (Algeria, Libia e Egitto) rimane, tuttavia, subordinata alla chiarezza politica e regolatoria, nonché alle rivalità geopolitiche che agitano l’est del Mediterraneo. Le nuove incognite nord-africane sono rappresentate dalle scoperte gigantesche fatte nelle acque profonde al largo di Mauritania e Senegal, che inizialmente dovrebbero essere sviluppate attraverso degli impianti per l’export di Gnl e nel futuro potrebbero potenzialmente rifornire un gasdotto verso il Marocco che si collegherebbe al sistema europeo. Gran parte degli ultimi sviluppi si sono concentrati nel Mediterraneo orientale.

Israele, di recente, ha accettato di vendere 64 Bcm del suo gas Leviathan al Cairo, rafforzando le ambizioni egiziane di diventare il principale hub del gas naturale per l’Europa nel Mediterraneo orientale. Secondo questo accordo, l’Egitto diventerebbe un importatore di gas israeliano verso i due impianti di liquefazione di Idku e Damietta, ora inattivi. A questi potrebbero unirsi altri import da Cipro, dove la scoperta del giacimento Calypso, secondo i rumors molto simile geologicamente al gigante egiziano Zohr, mette a disposizione tra i 170 e i 230 Bcm di gas.

La domanda potenziale di Cipro non arriva a 1 Bcm annuo, il che vuol dire che gran parte della produzione deve trovare mercato per l’export. Un’alternativa sarebbe un gasdotto in acque profonde diretto verso Italia e Grecia. Tuttavia, il ministro cipriota dell’Energia è stato veloce ad annunciare che esso probabilmente venderà il suo Gnl a Idku e Damietta. Le avances cipriote hanno infastidito Ankara. L’uso della via greca o egiziana esclude la partecipazione della Turchia come Paese di transito per il gas della regione, perché un gasdotto da Israele non può passare per il Libano e dovrebbe attraversare acque cipriote sulla strada per la Turchia.

Nonostante le agitazioni politiche, la Libia è riuscita a mantenere le sue forniture verso l’Europa attraverso la Sicilia, pari a 4,4 Bcm nel 2016. La Libia ha rimandato la manutenzione dei suoi giacimenti di gas a febbraio a causa delle basse temperature in Europa, ma con la manutenzione ora prevista per aprile, gli export di gas attraverso il Greenstream in Italia smetteranno di funzionare. In migliori condizioni di sicurezza, le riserve libiche di 1,5 trilioni di metri cubi consentirebbero di aumentare significativamente la produzione di gas, almeno di 4 Bcm entro il 2022 con ulteriori sviluppi per il Wglp gestito da Eni e con una produzione più alta da parte della National oil company libica. Tuttavia, le interruzioni dell’approvvigionamento causate da attacchi alle infrastrutture rimangono un tratto ricorrente del mercato libico. L’Algeria ha messo gli occhi sul gasdotto Galsi che dovrebbe giungere in Italia passando per la Sardegna, ma a Roma albergano sentimenti contrastanti.

Il gasdotto Trans-adriatico dall’Azerbaijan via Turchia aggiungerà altri 10 Bcm alle forniture italiane a partire dal 2020. Anche l’Algeria rimane in discussione con la sua domanda domestica che si prevede cresca sino a 50 Bcm entro il 2020 dai 40 Bcm nel 2016, e ambisce ad attrarre investimenti nei bacini di Ahnet, Bechar, Berkine e Illizi che sono parte dei suoi 4,5 Tcm di riserve di gas recuperabile. L’Algeria ha ricominciato le sue contestate prospezioni di shale gas l’anno scorso, ma ha affrontato proteste locali contro la fratturazione idraulica per il timore che possa inquinare la sue già carenti risorse idriche.

Il Paese ha esportato 55 Bcm di gas in Europa nel 2017, tuttavia mantenere un tale livello di output e al contempo soddisfare la domanda domestica in crescita non è cosa facile. I prezzi domestici sussidiati incoraggiano i consumi, mentre le condizioni fiscali severe e la burocrazia lenta scoraggiano investimenti internazionali in nuove produzioni. Per gli attori più piccoli come il Marocco, progetti ambiziosi come il progetto Gnl-to-power Jorf Lasfar da 6,4 miliardi di dollari sono essenziali per diversificare e diminuire la dipendenza energetica dall’Algeria. Tuttavia gli ostacoli politici e i continui ritardi nel pubblicare bandi di gare hanno rallentato i progressi. Il Marocco ha continuato a diversificare la sua fornitura di energia come installatore di spicco di energia rinnovabile e carbone. Egitto e Tunisia, a corrente alternata, stanno seguendo il suo esempio. Se l’Algeria si unisse al boom delle rinnovabili, ciò aiuterebbe a rallentare la crescita della domanda domestica di gas e darebbe più speranza di forniture sostenibili per l’Europa.

Tutto sommato, la regione del Nord Africa ha le risorse per aumentare le sue forniture all’Europa, ma le sue lotte politiche, le barriere agli investimenti esteri e una crescente domanda domestica la frenano ancora. Sia per quanto riguarda i volumi, sia per l’affidabilità, rimane la terza tra i tre corridoi. Tuttavia, rimanendo molto importante per Italia e Spagna, gioca un ruolo rilevante per diminuire la dipendenza europea dalla Russia. Un cambio di passo necessita di quattro azioni dell’Ue: un impegno politico per risolvere la matassa del Mediterraneo orientale e portare stabilità in Libia; sostenere nuovi produttori nell’Africa nord-occidentale per far rendere al meglio le loro risorse; cercare di trovare un percorso più business-friendly per lavorare con Algeri e infine supportare lo sviluppo delle rinnovabili lungo le coste nord-africane.

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