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Boeri parla a S&P e Moody’s, perché il giorno del giudizio si avvicina

Lasciamo perdere la parte “politica” della polemica tra il presidente dell’Inps e il governo, compresa la piccata risposta del ministro Salvini che invita Boeri a dimettersi e presentarsi candidato alla elezioni. Essa fa parte del turbolento mese di ottobre che stiamo vivendo, con l’esecutivo impegnato in una manovra economica imponente sotto molti profili, con annesse inevitabili e feroci divergenze d’opinione.

Conta un altro aspetto derivante dalla parole di Boeri, che lui stesso ha ben presente e che ne spiega perfettamente la rilevanza (e forse anche la volontà), aspetto totalmente legato alla tempistica.

Oggi infatti è l’11 ottobre e mancano 15 giorni alla valutazione (prevista per il 26 di questo mese) che l’agenzia Standard & Poor’s darà sull’Italia e ne mancano 20 alla data del pronunciamento di Moody’s, cioè il 31 ottobre.

Questo lasso di tempo (15-20 giorni) è perfetto per consentire agli uffici studi dei più importanti “valutatori” della finanza internazionale di metabolizzare il dato fornito da Boeri, che stima in 100 miliardi l’aumento di stock di debito pensionistico derivante dalla revisione della legge Fornero nel senso indicato dal governo, aumento naturalmente non tutto generato immediatamente ma già visibile con rapidità, a cominciare dal 2021.

Poiché il debito pubblico italiano cuba circa 2.300 miliardi di euro ecco che una crescita del medesimo di 100 miliardi (pur generata su diversi anni, verosimilmente non pochi) significa ipotecarne pesantemente ogni realistica riduzione, obiettivo peraltro dichiarato negli accordi europei.

Quindi significa consentire alle agenzie internazionali, proprio in virtù delle parole della massima autorità nazionale “indipendente” in materia previdenziale, di esprimersi in modo negativo sul rating italiano.
E significa consentire loro di farlo, vale la pena ribadirlo, non sulla base di proprie congetture o di quelle di oppositori politici o accademici del governo, ma su una stima ufficiale munita del massimo livello di copertura istituzionale e per giunta italiana, quindi non tacciabile di preconcetto negativo.

Boeri parla a loro, non certo a Di Maio o Salvini, profittando della condizione di gravissima debolezza politica in cui (sbagliando) è stato messo il ministro Tria. A maggior ragione oggi, dopo le parole di Boeri (opinabili a piacere, ma non certo prive di logica) vale quanto andiamo dicendo da giorni: Di Maio e Salvini non credano di farcela da soli. Hanno bisogno di alleati, dentro e fuori l’Italia.

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