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Lo strappo di Conte sullo Ius soli conferma le tensioni con la Lega

A ciascun giorno basta la sua pena, dice il Vangelo. Il governo Conte ormai sta soffrendo (almeno) una pena al giorno e alle elezioni europee mancano ancora quasi due mesi. C’erano pochi dubbi sulla spaccatura in atto tra Lega e Movimento 5 Stelle che prendono spunto da qualunque argomento pur di darsi punture di spillo ma, per sgombrare definitivamente il campo, ecco il presidente del Consiglio “aprire” sullo Ius soli. Giuseppe Conte ha colto l’occasione dell’incontro con i giovani ad Assisi cui partecipava anche Angela Merkel per dire che lo Ius soli non è nel contratto di governo, “ma auspico che si avvii, nelle sedi opportune, una riflessione serena” spiegando che si può ragionare sulla concessione della cittadinanza basata su “un percorso di integrazione serio”, con la “conoscenza della nostra cultura” e la condivisione di “valori comuni”. Conte ammette che la semplice nascita sul territorio italiano è un criterio che non vale molto e aggiunge un concetto simile a quanto sostenuto da sinistra, cioè la necessità di una politica di integrazione in assenza della quale si crea paura.

Un ragionamento privo di chiari riferimenti che sembra simile allo Ius culturae, la soluzione “temperata” che il Pd aveva tentato di condurre in porto nella scorsa legislatura. Per Forza Italia quella di Conte è stata una sortita estremamente confusa che ha causato scontate reazioni negative anche da Fratelli d’Italia. Forse Conte si è spinto troppo avanti se Luigi Di Maio si è sentito in dovere di liquidare le sue parole come “riflessione” che “riguarda una sua sensibilità. Legittima, ma personale”. Per Di Maio il contratto di governo è chiaro e siccome non comprende lo Ius soli la questione politica non esiste.

Una questione invece c’è: sono troppi i temi fondamentali irrisolti e le decisioni rinviate tra gli alleati mentre Conte sembra aver maggiore voglia di protagonismo. Ragionare sullo Ius soli significa accarezzare un elettorato di sinistra e far venire l’orticaria a Matteo Salvini: avrebbe senso detto dall’opposizione che vuole confrontarsi al più presto nelle urne con la Lega, ha meno senso se detto dal presidente del Consiglio che ha recentemente smentito velleità politiche future. Resta l’ennesima pena quotidiana che tende ancora di più una corda sfilacciata.

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