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Dazi, FT e finanza avvisano Trump e Xi. Trovate l’accordo o sarà l’inferno

A giocare col fuoco si rischia di bruciarsi una mano. O tutto il corpo. Non è il vecchio detto della nonna, semmai qualcosa di molto più reale e concreto. La guerra dei dazi ingaggiata da Stati Uniti e Cina potrebbe riscrivere 90 anni di equilibri economici mondiali (l’ultimo new deal risale ai primi anni ’30 e porta da firma di Frank Delano Roosvelt). I segnali ci sono tutti. Le Borse mondiali hanno preso male, malissimo, il mancato accordo tra Pechino e Washington, i quali proprio quando l’intesa sembrava a un passo hanno sparato l’uno verso l’altro una nuova bordata di dazi.

YUAN E WALL STREET AFFONDANO

L’escalation ha letteralmente affondato i listini azionari e le materie prime: in primo luogo quelle coinvolte direttamente come la soia o il cotone, ma anche i metalli industriali e persino il petrolio che ha girato in negativo dopo un’impennata legata alle forti tensioni nel Golfo Persico. Benché le tariffe cinesi continuino a risparmiare il greggio made in Usa, il Wti è sceso sotto 62 dollari al barile e il Brent sotto 71 dollari. Per non parlare di Wall Street che ieri ha chiuso la seduta a -2,4%, uno dei peggiori crolli degli ultimi anni e della stessa moneta cinese, lo yuan, sceso ai minimi da quattro mesi e mezzo sul dollaro dopo l’annuncio di ieri di Pechino dell’innalzamento dei dazi su sessanta miliardi di dollari di merci made in Usa, in risposta all’innalzamento delle tariffe Usa sulle esportazioni cinesi scattato venerdì scorso. Sono numeri da non sottovalutare, soprattutto per il presidente Americano Donald Trump. A Wall Steet batte ancora il cuore finanziario statunitense e dunque mondiale e i grandi investitori, si sa, muovono voti.

L’ALLARME ROSSO DEL FT

Tutto questo è molto pericoloso per l’attuale assetto commerciale del globale. Ne sono convinti anche al Financial Times, il più importante quotidiano economico del mondo, che in un editoriale di questa mattina, a firma Gideon Rachman, capo dei commentatori, avverte senza mezzi termini dei rischi di un ulteriore avvitamento della situazione tra Cina e Usa. “La guerra commerciale tra Cina e Usa rappresenta una pesante minaccia per la globalizzazione e l’ordine mondiale. La Cina e Gli Stati Uniti – scrive Rachmen – sono entrambi insoddisfatti dell’attuale ordine, anche se la natura della loro infelicità è molto diversa”. Secondo l’editorialista il problema, come lo concepisce Donald Trump, “è che l’attuale sistema economico mondiale opera enormemente a svantaggio dell’America. Il presidente degli Stati Uniti si lamenta del fatto il globalismo abbia aiutato la Cina a crescere a spese dell’America, minando la prosperità degli stessi Stati Uniti e la sua preminenza globale. È questa la visione che è alla base della sua drastica decisione di aumentare le tariffe Usa sulle esportazioni cinesi”. La visione del FT è netta e sembra non ammettere spazi di manovra: sia Cina sia Usa vedono il mantenimento dell’attuale ordine commerciale come un limite al loro benessere. Per questo per i cosiddetti falchi (sia cinesi sia americani “un accordo di compromesso che preservi l’essenza dell’attuale sistema mondiale di scambi globali rappresenterebbe una sconfitta”.

LA FINANZA AVVERTE TRUMP

Anche il mondo finanziario americano comincia a dare segni di insofferenza a tale situazione. Il Pil americano quest’anno dovrebbe salire del 2,1% ma le cose potrebbero anche andare molto peggio. Morgan Stanley, seconda banca d’affari americana, ha rispolverato una parolina che sarebbe meglio tenere lontana: recessione. “Se Stati Uniti e Cina non verranno a patti, il mercato azionario non sarà in grado di raddrizzare il suo corso . E le conseguenze saranno ingestibili per l’economia. Secondo Mike Wilson, stategist di Morgan Stanley, tra i pochi che avevano previsto i crollo dei mercati dello scorso dicembre, “le ultime tappe della guerra commerciale tra le due potenze hanno aumentato le probabilità di una recessione economica prolungata, quella che viene definita il killer più affidabile dei mercati rialzisti”. Il rischio “di una recessione economica è aumentato notevolmente“, ha detto Wilson. “Mentre la correzione della scorsa settimana ha aiutato a portare il rischio-rendimento più vicino al livello bilanciato, riteniamo che le aspettative sugli utili si mantengano più alte del 5-10%.”

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